Gino Pollicardo e Filippo Calcagno, i due tecnici italiani liberati in Libia dopo un sequestro durato diversi mesi e rientrati all’ alba di ieri a Roma, sono stati accompagnati nella caserma del Ros di Colle Salario dove sono interrogati dai pm di Roma titolari dell’inchiesta sui fatti avvenuti in Libia. Alle 11.30 ha preso il via l’audizione. A sentire i nostri connazionali è stato il pm Sergio Colaiocco che aveva aperto un’inchiesta per sequestro di persona con finalità di terrorismo. I due sono riusciti a liberarsi da soli venerdì scorso dopo 8 mesi di prigionia in Libia. Hanno riferito che mercoledì i carcerieri hanno prelevato Salvatore Failla e Fausto Piano, forse per effettuare un trasferimento in una nuova prigione. Da allora Pollicardo e Calcagno non hanno più incontrato i loro carcerieri e non hanno ricevuto né acqua né cibo, ed hanno deciso di sfondare la porta del luogo dove erano segregati e sono riusciti a fuggire. I due tecnici hanno raccontato di aver subito violenze psicologiche e fisiche, di essere stati picchiati con calci e pugni, e qualche volta col manico di un fucile. A tenerli prigionieri, hanno detto, sono stati elementi di un gruppo islamista non direttamente riconducibile all’Isis, quasi certamente una banda di criminali comuni. Sono rimasti sempre nella zona di Sabrata e sempre con le stesse persone. Due i carcerieri che si alternavano e del gruppo faceva parte anche una donna.
Al magistrato i due connazionali hanno, pertanto, raccontato come è avvenuto il rapimento e chi ha gestito in questi lunghi otto mesi mesi il loro sequestro. E soprattutto hanno spiegato le fasi della loro liberazione e chiarito, se sono stati in grado di riferirlo, come e quando sono morti gli altri compagni di prigionia, Failla e Piano. Per il resto l’interrogatorio è stato secretato. La liberazione dei due cittadini italiani, è stato un dovere, afferma il capo delle milizie della città libica di Sabratha, il colonnello Taher al Gharbali, alla guida del consiglio militare locale nel corso della consegna dei due italiani ai rappresentanti italiani e del ministero degli Esteri di Tripoli, avvenuta due giorni fa nella città libica. Al Gharbali ha detto che le sue milizie ne hanno anche garantito l’incolumità, in base ai principi dell’Islam e in opposizione alle azioni dei militanti dello Stato islamico. Intanto rompe il lungo silenzio della famiglia Stefano Piano, figlio di Fausto, il tecnico di Capoterra (Cagliari) ucciso in Libia con il collega Salvatore Failla: ‘Ora aspettiamo solo il ritorno a casa del corpo di nostro padre. Lo Stato ci deve dire la verità sulla sua morte. Non abbiamo nominato nessun legale e quello che chiediamo in questo momento sono solo le risposte alle nostre domande. Ci devono spiegare cosa è accaduto veramente e perché mio padre ed il suo collega sono morti. Non abbiamo potuto riabbracciarlo da vivo l’unico nostro pensiero adesso è poterlo riavere presto a casa per dirgli addio dignitosamente’. Per noi non sarà un problema svolgere l’autopsia in Libia dei due tecnici della Bonatti e in Italia abbiamo a disposizione gli strumenti tecnici per poter evidenziare, in sede di esame autoptico, qualsiasi tipo di discrepanza e anomalia, afferma Luisa Regimenti, presidente nazionale dei Medici legali italiani nominata come consulente dalla famiglia di Salvatore Failla. Regimenti prenderà parte all’autopsia dei corpi che verrà svolta, una volta che i feretri faranno ritorno in Italia, presso l’Istituto di medicina legale del policlinico Gemelli. Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha già inviato un messaggio ai familiari di Salvatore Failla e Fausto Piano per far pervenire loro il suo profondo cordoglio per la tragica morte dei loro congiunti in Libia, esprimendo grande sollievo per il rientro in patria degli altri due ostaggi, finalmente ricongiunti alle proprie famiglie. Nel frattempo, come chiarivamo ieri, il governo libico di Tripoli, cioè quello non riconosciuto internazionalmente, ha dichiarato che non accetterà mai un intervento militare in Libia, con nessuna giustificazione. Lo ha detto il ministro degli Esteri dell’esecutivo di Tripoli, Aly Abuzaakouk, in una dichiarazione televisiva, che viene riportata dall’agenzia di stampa egiziana Mena.
Cocis