Sono passati pochi giorni da quando l’Unione europea, l’Onu e il governo italiano annunciavano il raggiungimento di un accordo tra le parti in Libia. L’accordo per la creazione di un governo di unità nazionale, nella prospettiva della lotta all’Is, seguendo il piano proposto dalle Nazioni Unite, è stato firmato lo scorso 17 dicembre a a Skhirat, in Marocco, dai delegati del Congresso di Tripoli e quelli della Camera di Tobruk, i due parlamenti che si dividono il controllo della Libia. L’indicazione di Fayez al-Sarraj quale premier e di altre cinque personalità (i tre vicepremier Ahmed Maetig, Fathi Majbri e Musa Koni e i due ministri Omar Aswad e Mohamed Ammar) era venuta direttamente dall’Onu per la formazione di un comitato di presidenza. Ufficializzato con la firma dell’accordo, nell’organismo sono entrati altri tre esponenti politici, due in rappresentanza del Fezzan, il sud della Libia, e uno della Cirenaica, la parte orientale. Al comitato di presidenza spetta il compito di formare la lista dei ministri che costituiranno il governo vero e proprio che, entro 40 giorni dalla firma dell’accordo, dovrebbe insediarsi a Tripoli. Nella realtà di fatto l’accordo raggiunto è stato null’altro di uno striscione da esporre sugli spalti. Ma, in campo, la realtà era ed è diversa. La Libia è più in guerra che mai ed è il risultato, da parte delle stesse nazioni occidentali che hanno gridato al successo, di cinque anni fa, quando si decise di cacciare il dittatore Gheddafi con un intervento militare. Ad oggi i clandestini arrivano a centinaia di migliaia, il Paese maghrebino è dilaniato da sanguinose guerre per bande. Fino a che, in uno spostamento nell’area di Misurata, nell’ovest del Paese sotto il controllo di fazioni filo-islamiche, il premier designato libico Fayez al-Sarraj ha dovuto cambiare percorso per motivi di sicurezza che hanno fatto pensare a un fallito tentativo di assassinio. In seguito resoconti di media libici hanno attribuito la deviazioni a colpi d’arma da fuoco esplosi da contestatori escludendo un coinvolgimento dell‘Isis. Il convoglio di Sarraj è stato costretto a fermarsi e a cambiare percorso mentre il premier stava portando le condoglianze del suo esecutivo per le vittime del camion-bomba rivendicato dall’Isis che giovedì ha ucciso decine di poliziotti in un centro di addestramento a Zliten. L’insufficiente sicurezza sulla strada tra Zleitan e l’aeroporto di Misurata, è stato attestato da un comunicato della Farnesina che dava conto di una telefonata avuta dal ministro degli Affari Esteri Paolo Gentiloni con Sarraj. Ristabilite le condizioni di sicurezza, il convoglio di Al Sarraj ha raggiunto l’aeroporto. E’, questo, un episodio che conferma la assoluta fragilità del quadro di sicurezza in Libia. In ambienti di Tripoli favorevoli a Sarraj si è cercato di ridurre la portata dell’incidente a colpi in aria sparati per attirare l’attenzione del convoglio da un postulante che cercava un incontro con un vicepremier. Il sito ‘ Libya Herald’ invece ha segnalato l’esplosione di una presunta ambulanza-bomba a Misurata in relazione alla visita. Quello del ‘Libya Observr’ ha segnalato molti manifestanti, anche armati, contrari alla visita di Sarraj tanto da aprire un inteso fuoco che ha costretto il convoglio di Sarraj a ripiegare sul municipio di Zliten in un primo tentativo di ritornare all’aeroporto di Misurata. Quando si è sparsa la voce che il premier avrebbe potuto rifugiarsi nella capitale, brigate armate si sono appostate alla porta est di Tajoura, un sobborgo di Tripoli dove secondo gli accordi raggiunti a dicembre in Marocco il suo esecutivo dovrebbe insediarsi presto. Prospettiva che l’episodio di Zliten spinge a mettere in dubbio. Eppure la formazione di un governo è un passo indispensabile per consentire alla comunità internazionale di aiutare la nuova Libia a combattere l’Isis, in espansione verso i terminal petroliferi partendo dalla sua roccaforte creata a Sirte ma attivo fra l’altro anche a Bengasi. La Libia è, comunque, nel caos più che mai. Sarraj sarebbe, come dicevamo, riuscito a raggiungere l’aeroporto di Misurata in elicottero e a salire a bordo dell’aereo che lo avrebbe riportato a Tunisi, dove il premier designato aveva in programma anche l’incontro con la responsabile della diplomazia europea, Federica Mogherini, con l’Ue che si è impegnata a sostenere con 100 milioni di euro una nuova fase in Libia, non appena il governo di unità nazionale assumerà le sue funzioni.
Cocis