L’idea di un’Europa matrigna e ingiusta è il sentimento che domina

Sorge spontanea la domanda:” Ma è vero”?Le politiche sociali e del lavoro sono per la maggior parte competenza dei singoli Paesi membri e come tali sono eterogenei tra loro, in quanto a esperienze e tradizioni. Tuttavia l’Ue ha tracciato delle linee guida e varato leggi, da cui sono scaturiti principi molto avanzati sui temi sociali e del lavoro. Si sa però che i principi non sempre si traducono in realtà, ma stabiliscono quei valori condivisi che dovrebbero essere alla base della nostra comunità, e come tali sono importanti. Nonostante le sue fragilità e le innumerevoli contraddizioni, l’Europa è l’area più avanzata in termini di benessere sociale, in termini di felicità soggettiva dei cittadini e di un equilibrato rapporto tra tempo libero e lavoro, superiore a Stati Uniti e Giappone. E’ pur vero, però, che il Vecchio Continente nell’ultimo decennio ha subito gli effetti della crisi globale e ancora oggi ci sono, purtroppo l’Italia e la Grecia, che ciascuna per ragioni diverse non ne sono venute fuori, Ma anche quei Paesi dell’area UE che hanno raggiunto di nuovo i livelli di ricchezza che avevano in tempi di pre-crisi e rimesso i conti a posto, si trovano oggi ad affrontare nuove e più ardue sfide. Il decremento demografico e la vita sempre più longeva, rendono più difficile il finanziamento dello stato sociale, così come le nuove tecnologie sostituiscono sempre di più gli esseri umani vanificando tante occupazioni, rendendole obsolete. Questo ha messo in crisi il modello di welfare e di tutela del lavoro in seno agli stati europei, anche dei più ricchi. A pochi giorni dalle elezioni europee, viene da chiedersi se vale, ancora, la pena di accettare le nuove sfide a livello europeo oppure riprendere le proprie competenze e proteggersi da soli, all’interno dei confini del proprio Paese. In quest’ultima ipotesi si corre il rischio di limitare la mobilità dei lavoratori tra i vari Paesi, la possibilità di farsi curare fuori dai propri confini, con una probabile nonché pericolosa tendenza ad una competizione verso il basso. La prima ipotesi, quella di continuare insieme la sfida, comporta accettare che più diritti siano garantiti e la competizione si dovrà basare sulla capacità di innovazione e non sul prezzo. Inoltre per aiutare le aree più depresse significa mobilitare ed investire altri fondi. Fare insieme significa mettere sempre di più in comune le proprie esperienze maturate, puntare sulla formazione al fine della riqualificazione del lavoro che porterà all’aumento dei livelli di occupazione e alla garanzia dei diritti dei singoli lavoratori. Ma questo deve essere supportato da un maggiore e più qualificato impegno politico per creare in Europa uno scenario in cui i protagonisti dovrebbero essere sempre di meno i singoli partiti nazionali e di più le diverse coalizioni politiche europee, unite in una dialettica in cui interessi nazionali e ideologie politiche non si scontrino, ma si confrontino in modo serio e non banale. L’Europa è una garanzia per tutti noi, bisogna smetterla di vederla come matrigna e ingiusta. L’Europa siamo noi.

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