Maria Luisa Abate per un’ora e mezza su un palco che non è altro che la rappresentazione del buco nero della malattia del personaggio, interpreta il monologo “L’importante é che ci sia qualcuno: Vaduccia”. Una storia con adattamento drammaturgico di Marco Isidori dall’Amante di Abraham B. Yehoshua.
Un buco nero dal quale si risveglia sentendosi prima minerale poi vegetale e infine creatura, riuscendo a ristabilire dei rapporti anche sensoriali con l’intorno progressivamente più attivi e percettivi. I ricordi si avvicendano ad altri ricordi tutti incompleti, ma è la definizione di una esistenza passata e la ricomposizione della stessa nascono da uno sforzo continuo e straziante che l’attrice riesce a comunicare con una capacità interpretativa straordinaria tanto che sta sulla scena da sola, senza il supporto di alcun oggetto scenico, e dove la parola e la mimica conferiscono e costituiscono una ipnotica attrazione nel pubblico. Straordinario é il ricordo, il percorso mentale per rimembrare la parola Gerusalemme, una fatica fisica, mentale ed esistenziale straordinaria che poi arriva a compimento in questo percorso da pietra a creatura.
Si raggiunge una fase felice in cui la donna stessa entra in relazione con un giovane arabo che accudisce lei, ebrea ricca di pregiudizi, nell’ultimi scorci della sua vita.
I pregiudizi si alternano al sentimento d’amore tant’è che alla definizione di “OLPista” segue il piacere del ricordo di un bacio sulla guancia, alla scusa di andare a controllare se il giovane in camera da letto custodisse un coltello si sostituisce e si palesa come necessità di andare a vedere se dorma tranquillo e se sia ben coperto durante la notte.
Allora non è un caso che il titolo di questa piéce sia tratto da l’Amante di Yehoshua in cui il sentimento di amore riconcilia questa vecchia donna che ha perso la figlia durante la guerra del Kippur, che ha perso un nipote in circostanze misteriose, si riconcilia con la vita e l’esistenza in punto di morte.
Mercoledí 8 Dicembre ultima replica imperdibile al teatro Vascello di Roma.
Barbara Lalle