L’indennità dei parlamentari in Italia

Sul Blog delle stelle è stato pubblicato il 3 gennaio un post dove si sostiene che “L’indennità dei parlamentari italiani è quella più alta in tutto il mondo”. La fonte di questa affermazione, menzionata esplicitamente dal blog del M5s, è uno studio britannico riportato dal quotidiano Il Mattino, anch’esso del 3 gennaio.

Si tratta di un’affermazione che contiene un nucleo di verità, ma che nei fatti è impossibile da verificare con certezza. Vediamo qual è la situazione.

Lo studio citato dal Mattino

Il Mattino parla di “indennità, diaria, e rimborsi” dei parlamentari italiani, che sarebbero le più alte di tutto il mondo. Queste voci sommate ammonterebbero, riporta il quotidiano, a 120.546 sterline in Italia, mentre in Australia a 117.805 ₤, negli Stati Uniti a 114.660 ₤, in Canada a 100.166 ₤ e in Norvegia a 87.964 ₤. Assai più basse le cifre degli altri Paesi europei: Germania (78.979 ₤), Regno Unito (66.396 ₤), Francia (56.815 ₤) e Spagna (28.969 ₤). L’Italia dunque risulterebbe in testa alla classifica a livello mondiale.

Lo studio, con ogni probabilità, non è però nuovo. Le stesse identiche cifre riportate dal Mattino, che non specifica quale sia lo studio preso in considerazione, erano già state riprese dalla stampa italiana a ottobre 2016: ad esempio da un articolo di Repubblica, che precisava la loro origine: l’Independent parliamentary standards authority (Ipsa). Questa è un’autorità indipendente del Regno Unito, creata nel 2009, con il compito di determinare stipendi e pensioni dei parlamentari e di regolare i loro costi e spese.

Lo studio dell’Ipsa non è pubblico e consultabile. Abbiamo contattato l’autorità del Regno Unito per avere la documentazione necessaria, o quantomeno conferma delle cifre riportate, e siamo al momento in attesa di risposta.

La replica della Camera del 2016

L’articolo del 2016 di Repubblica è prezioso anche perché riporta la risposta di Montecitorio dell’epoca. La Camera aveva infatti allora replicato a questi numeri che “è difficile fare un raffronto tra fra importi lordi, che risentono di regimi fiscali e previdenziali non sempre pienamente confrontabili”.

In parole povere, secondo la Camera, confrontare il lordo come fa lo studio britannico avrebbe poco senso, perché non terrebbe in considerazione il peso delle tasse e dei contributi, che varia da Paese a Paese e che cambia significativamente il netto che alla fine percepiscono gli onorevoli.

Ancora secondo quanto riportato da Repubblica, da Montecitorio all’epoca avevano anche sottolineato che “l’Italia sulle indennità e grazie alle decisioni degli ultimi anni, è al quinto posto della classifica europea. Al primo c’è l’Europarlamento”.

Il confronto fatto solo sull’indennità è parziale, perché deputati e senatori percepiscono anche altre somme connesse alla loro carica: ma verifichiamo comunque se è corretto o meno, anche considerando che il M5s nel suo post del 3 gennaio 2019 parla proprio di “indennità” più alte al mondo.

Indennità: Parlamento vs Parlamento europeo

Senza la pretesa di allargare il confronto sull’indennità netta agli altri Paesi europei – impresa che, come vedremo, è risultata impossibile anche per una commissione governativa appositamente incaricata – verifichiamo se è vero che l’Italia sia superata dall’Europarlamento.

Ai parlamentari italiani spetta un’indennità mensile lorda pari a 10.435,00 euro, un importo che non cambia dall’inizio del 2012. A questa cifra bisogna sottrarre le ritenute previdenziali (pensione e assegno di fine mandato), assistenziali (assistenza sanitaria integrativa) e fiscali (Irpef e addizionali regionali e comunali), e si arriva così a un netto di circa 5.000 euro al mese. Per i deputati che svolgono un’altra attività lavorativa, l’importo netto dell’indennità mensile ammonta a circa 4.750 euro.

Agli europarlamentari spetta un’indennità lorda pari a 8.611,31 euro al mese. È soggetta a un’imposta dell’Ue e a una serie di contributi assicurativi, al netto dei quali la retribuzione ammonta a 6.710,67 euro. Ma, come spiega il sito del Parlamento europeo, “in diversi Stati membri essa è soggetta poi a un’ulteriore imposta nazionale”.

Dunque, di nuovo, un confronto sul netto risulta impossibile a causa dei diversi regimi fiscali e previdenziali che vigono nei vari Stati membri dell’Ue.

Che cosa aveva detto la commissione Giovannini

Il governo Berlusconi IV aveva previsto nel 2011, con il d.l. 6 luglio 2011, n. 98 (art. 1 co. 1), che la retribuzione complessiva di deputati e senatori dovesse essere pari o inferiore alla “media del costo relativo ai componenti dei Parlamenti nazionali [dell’area Euro n.d.r.]”.

Lo stesso decreto istituì una commissione «presieduta dal Presidente dell’Istat e composta da quattro esperti di chiara fama, tra cui un rappresentante di Eurostat» che ogni anno avrebbe dovuto calcolare quella media.

La commissione ebbe però vita molto breve. Nella sua prima composizione, venne presieduta dal presidente dell’Istat Enrico Giovannini e terminò i lavori il 31 marzo 2012, quando era in carica il governo Monti.

I risultati vennero presentati in un rapporto: qui si leggeva che “le attività di raccolta e analisi dei dati sono subito apparse molto più complesse e difficili di quanto si fosse, pur cautelativamente, ipotizzato” e che “l’analisi dei dati pervenuti, inoltre, ha evidenziato problemi di qualità e comparabilità”.

La commissione arrivava alla conclusione che il compito a lei affidata fosse impossibile: “Queste considerazioni – sottolineava la Commissione – escludono palesemente che sia possibile giungere alla determinazione di ‘tetti’ retributivi che abbiano il valore loro assegnato dalla legge istitutiva della Commissione”.

E infatti nelle “Conclusioni” la Commissione scriveva che “nonostante l’intenso lavoro svolto, i vincoli posti dalla normativa, l’eterogeneità delle situazioni riscontrate negli altri Paesi e le difficoltà incontrate nella raccolta dei dati hanno impedito alla Commissione di produrre i risultati attesi”. Dunque “nessun provvedimento può essere assunto dalla Commissione per i fini previsti dalla legge” e “la Commissione ritiene doveroso rimettere il mandato ricevuto”.

Conclusione

Stabilire se i parlamentari italiani siano o meno i più pagati, come hanno certificato nel 2012 l’allora presidente dell’Istat, un membro Eurostat e tre professori esperti della materia, è di fatto impossibile anche solo nel confronto con la sola area euro. Non ci sono i dati necessari per una comparazione valida.

I confronti che si possono fare sono quindi per forza molto approssimativi: ad esempio prendendo in considerazione solo il lordo, come ha fatto in passato l’ente britannico Ipsa nello “studio inglese” citato dal Mattino e dal M5s.

 

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