L’Iran è chiamato a eleggere il nuovo presidente, a quattro anni dall’elezione del moderato riformista Hassan Rohani che torna a candidarsi in contrapposizione al conservatore Ebrahim Raisi. In base alla sua Costituzione, la Repubblica islamica dell’Iran si fonda sul voto del popolo, attraverso pubbliche elezioni, per la gestione degli affari del Paese. La più alta espressione del voto è l’elezione del presidente che, come indica l’articolo 113, è il capo del governo e rappresenta il vertice del Paese, assieme alla Guida suprema. L’articolo 114 stabilisce che viene eletto ogni quattro anni e il suo mandato può essere rinnovato consecutivamente per una sola volta.
Il presidente viene eletto dalla maggioranza dei voti, ma se nel primo turno nessun candidato riesce a procurarsi una maggioranza superiore al 50%, il ballottaggio si svolge il venerdì successivo. Soltanto i due candidati che ottengono più voti al primo turno sono ammessi al ballottaggio. Se uno dei due si ritira, subentra il primo candidato escluso.
L’elezione del nuovo presidente deve avvenire almeno un mese prima della fine del mandato del presidente in carica. Dopo l’elezione il presidente presta giuramento davanti al Parlamento (Majlis) e si impegna a proteggere la religione ufficiale, la Repubblica islamica, la Costituzione, le frontiere e l’integrità territoriale e a garantire l’indipendenza del Paese, i diritti fondamentali e la libertà dei cittadini.
Oltre a tutto ciò che riguarda l’amministrazione del Paese, in base agli articoli dal 125 al 129 della Costituzione, il presidente firma le convenzioni e gli accordi conclusi tra l’Iran e altri Stati.
Il processo elettorale è curato dal ministro dell’Interno, che ne è responsabile, mentre il Consiglio dei Guardiani (organismo religioso di sorveglianza) sovrintende allo svolgimento delle elezioni. Nel suo ruolo, dunque, al Consiglio dei guardiani spetta la validazione dei risultati elettorali e la valutazione di eventuali reclami.
Le elezioni presidenziali in Iran si svolgono simultaneamente con le elezioni dei Consigli islamici di città e villaggi.
A girare tra i giovani studenti, fuori dall’Università di Teheran, si ha netta l’impressione che ci sia una fiducia diffusa per la politica di apertura condotta dall’attuale presidente Hassan Rohani. Molti, oggi, voteranno alle presidenziali per la prima volta. E anche per questo si sentono più coinvolti. Ma non mancano gli scettici. A farsi portavoce di un gruppetto di ragazzi che si sentono più vicini alle posizioni di Rohani è Sajjad, 23 anni, studente di geografia politica. Come tutta la sua famiglia voterà per l’attuale presidente. Il motivo è semplice: ‘Non vogliamo tornare all’epoca di Ahmadinejad, perché voleva far diventare l’Iran come il Venezuela’. Anche Sajjad torna sull’accordo nucleare, grazie al quale il presidente e il ministro degli Esteri Zarif hanno portato speranza e sorriso agli iraniani, perché avevamo sofferto molto con le sanzioni. Mancavano medicine, avevamo vecchi aerei e attrezzature obsolete nel nostro importante settore petrolifero.
Ora, secondo Sajjad, proprio grazie a quell’accordo molti problemi sono stati rimossi e inoltre, nel corso degli ultimi quattro anni, Rohani ha mostrato il vero volto pacifico degli iraniani al mondo e lui e la sua squadra hanno portato gloria a tutti gli iraniani che vivono all’interno e all’esterno del Paese. Ma oltre alla stabilità dei prezzi, all’aumento delle sovvenzioni alle persone a basso reddito e alla buona situazione dei servizi sanitari, c’è poi un’altra cosa sottolineata da Sajjad e che piace particolarmente ai giovani: ‘Con Rohani si è aperta una nuova era, così anche internet e social network sono cresciuti’.
A farsi invece portavoce degli studenti di altre vedute è Zahra, 24 anni, studentessa di management aziendale. Anche lei non ha alcun dubbio su come votare: ‘Voterò per Ebrahim Raisi perché ritengo che sia il caso di cambiare rotta’. Sulla politica portata avanti da Rohani e sui risultati Zahra la vede in maniera completamente opposta al suo collega: ‘La disoccupazione ha un tasso elevato ed esistono problemi economici di ogni tipo, compreso quello relativo alle abitazioni’.
Anche lei, come tutti i sostenitori di Raisi, ritiene inoltre che il governo di Rohani si è inchinato all’Occidente e che l’accordo sul nucleare non ha portato alcun beneficio per il Paese. Sul fronte sociale, poi, Zahra è convinta che Raisi saprà portare grandi vantaggi ai meno abbienti, perché ha promesso che aumenterà di tre volte le sovvenzioni’.
Il ministro dell’Interno, Abdolreza Rahmani Fazli, ha previsto una partecipazione al voto del 72% circa degli aventi diritto, che sono in tutto oltre 56 milioni. Oggi, nelle urne, si deciderà il futuro di questo Paese, centrale per gli equilibri di tutta la regione, proprio nel giorno in cui Donald Trump volerà in Arabia Saudita, nemico storico degli ayatollah, per rinsaldare l’asse tra Washington e Riad.