Il conto è presto fatto: ventinove miliardi di metri cubi di gas all’anno. Si tratta del 38% del fabbisogno italiano di metano che fino a quest’anno era coperto da quanto arrivava dalla Russia. Un volume di combustibile che va sostituito in fretta per azzerare la dipendenza da Mosca, che dopo l’ultima decisione di Vladimir Putin ora pretende il pagamento in rubli.
La diversificazione delle fonti energetiche è partita il giorno stesso dell’invasione dell’Ucraina e ora il lavoro del Governo per smontare la relazione stretta con il Cremlino, amplificata in questi anni, comincia a dare i suoi frutti con nuove forniture provenienti soprattutto dall’Algeria, ma anche dalla Libia e dai meno conosciuti Mozambico e Angola.
Un quadro in coerenza con le ultime missioni del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, che nelle scorse settimane ha girato il mondo dei maggiori produttori mondiali accompagnato da quello che viene ritenuto il più grande esperto italiano del settore, ossia Claudio Descalzi, attuale amministratore delegato dell’Eni.
Inoltre, durante l’ultimo fine settimana, il titolare della Farnesina, in visita nella capitale Baku, ha confezionato un nuovo accordo con l’Azerbaigian che innalza a 9,5 miliardi di metri cubi il flusso di metano che transita dal gasdotto Tap passando anche per la Turchia, il territorio della Grecia e quello della vicina Albania.
Attualmente, nel punto di approdo di Melendugno in Puglia arrivano fino a 7 miliardi di metri cubi all’anno. Portato a pieno regime, il tubo potrebbe trasportarne fino a dieci. Il nuovo accordo con il governo azero aggiunge altri 2,5 miliardi di metano alle nostre forniture, ma non è escluso che nei prossimi mesi si possa portare la sua capacità alla portata massima.
Aldilà dei partner internazionali con cui intavolare le trattative di compravendita, per il nostro Paese è necessario fare un’ulteriore considerazione. Un terzo dell’ammontare delle forniture di gas che arrivano da Mosca, attraverso il punto di approdo di Tarvisio in Friuli, ad oggi sarebbe coperto da due terminal galleggianti per una capacità di rigassificazione ognuno di 5 miliardi di metri cubi all’anno: dunque in totale 10 miliardi.
Le due navi sono oggetto di trattativa da parte di Snam, società italiana con sede a San Donato Milanese (nella zona sud della città). Secondo le indiscrezioni apparse oggi sui principali quotidiani italiani, una delle due verrebbe stanziata presso il porto di Piombino, mentre per l’altra si sa solo che sarebbe in affitto, con un canone che si aggira tra sui 150 mila euro al giorno.
Le due imbarcazioni riuscirebbero però a coprire un volume ulteriore di 1 miliardo di metri cubi di gas che – unito agli aumenti sopra descritti e agli accordi presi anche con Egitto e Qatar per la fornitura liquida – porterebbero l’Italia ad un’autonomia completa entro il 2024. E il risparmio in bolletta sarebbe davvero importante, soprattutto se rapportato ai prezzi attuali dell’energia, schizzata alle stelle dopo l’invasione dell’Ucraina.
Nè il Consiglio dei ministri nè il dicastero degli Esteri hanno ancora pubblicato nessuna stima ufficiale sull’eventuale risparmio per i cittadini. Ma – osservando i calcoli degli esperti – un dato importante è rappresentato dal confronto con altre due potenze europee, ossia la Francia e la Germania.
Per quanto riguarda la differenza del costo in bolletta, con Berlino il gap attuale verrebbe totalmente azzerato (oggi i tedeschi pagano il 27% in meno), mentre con i francesi la situazione verrebbe addirittura ribaltata, passando da un +25,5% di oggi per gli italiani ad un -0,5% nel 2024 nei confronti dell’Eliseo.