Il crollo del viadotto della Madonna del Monte sull’autostrada A6 Torino-Savona ha rischiato di causare una nuova strage. Il ricordo è andato subito al crollo del ponte Morandi a Genova. Quello che è successo domenica pomeriggio fotografa bene lo stato di salute dell’Italia: un Paese che rischia di sgretolarsi piano piano senza con una classe politica in balia di se stessa. Oggi occorrono decisioni forti e più robuste rispetto al passato. Ma, purtroppo, proprio nel momento del bisogno ci ritroviamo quasi nell’impossibilità di decidere. Questo perché la maggioranza di governo giallorossa è in cerca della propria identità. Chi deve fare maggiore fatica in questo momento è il M5S. Il voto sulle elezioni regionali ha creato ancora più caos nel mondo pentastellato tanto che è dovuto scendere a Roma Beppe Grillo per mettere ordine nel caos. Luigi Di Maio è stato confermato alla guida politica del Movimento ma con il quasi obbligo di continuare a sostenere il premier con il Pd. Il garante dei 5Stelle sembra essere stato chiaro: si va avanti con il Pd. E a gennaio si parte con un nuovo ‘contratto’. Ed è proprio questo il problema di fondo di questo passaggio della legislatura. Una alleanza di governo non può basarsi su un contratto. Pd e M5S non possono varare provvedimenti, ognuno per sensibilizzare la propria base elettorale, se disuniti da una visione d’insieme. Questo presuppone una sinergia di vedute politiche che ad oggi non ci si vedono. Il patto dell’Umbria, franato nelle urne, avrebbe dovuto servire proprio a questo. Ora spunta questo nuovo contratto. L’Italia ha bisogno di una rinascita che presuppone una legislatura nella sua pienezza politica e non continui revisioni quotidiane. Questa alleanza organica di legislatura non c’era prima e non c’è ora. Su tutti, oggi, vale l’esempio dello scudo penale per ArcelorMittal nella gestione dell’ex Ilva: Pd e M5S più distanti che mai. Ma, intanto, un territorio ha bisogno di risposte veloci ed univoche. La manovra finanziaria dimostrerà altre e sostanziali differenze tra i due principali azionisti della maggioranza giallorossa. E così quasi per ogni provvedimento da prendere. Ma l’Italia non può aspettare. Questo cambio di rotta che dovrebbe arrivare a gennaio dai 5Stelle difficilmente migliorerà le cose. Pd e M5S sono uniti solo dal comune avversario politico ma non si sa quanto questo collante possa durare. Arrivare così a fine legislatura diventerà molto difficile. L’Italia non se lo può permettere. Politicamente è invece il Pd che potrebbe pagare lo scotto maggiore visto che il M5S difficilmente riuscirà a riottenere i voti delle precedenti elezioni politiche. Così inizia a circolare con una certa insistenza l’idea di ritorno alle urne dopo aver cambiato la legge elettorale. Quel tavolo proposto da Giorgetti per riscrivere tutti assieme le regole del gioco, inizia a piacere sempre di più. Sicuramente al tavolo si siederà il Pd visto che Nicola Zingaretti ha accolto l’appello perché sarebbe in atto una “crisi di sistema che va rapidamente affrontata con gli strumenti della democrazia”. Dunque, “anche con una nuova legge elettorale”. Il leader dem, ricordando che il Pd è per il maggioritario, ha chiesto di non far “cadere la proposta di Giorgetti di un tavolo di confronto su questi temi, da attivare nei tempi più rapidi”. Dunque il confronto Pd-Lega è avviato e va avanti. E questa potrebbe essere vista come l’anticamera che potrebbe portare proprio alle elezioni anticipate.
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