L’Italia sulla Via della Seta con la Cina: Governo diviso, Usa infastiditi, Ue allarmata

L’Italia sulla Via della Seta  fa infastidire gli Usa e preoccupa l’Ue. Ma anche il Governo è diviso. A fare da sfondo  una data che si avvicina a grandi passi, quella del 21 marzo, cioè quando il presidente della Cina  Xi Jinping sarà in Italia. In  quell’occasione, infatti, dovrebbe essere formalizzata dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte ed il premier cinese l’intesa sulla BRI, la Belt and Road Initiative, la cosiddetta Nuova Via della Seta.

Una mossa questa che preoccupa Usa ed ‘Europa. “E’ un rischio per i valori comuni dell’Ue nel lungo periodo”, fanno sapere Bruxelles.  Insomma, non c’è solo la Tav, ma anche un altro tema rischia di agitare le già mosse acque in cui naviga l’esecutivo con i Cinquestelle che spingono per la firma e la Lega più cauta.

Nonostante siano arrivate in tempo record leraicurazioni di Palazzo Chigi  – che assicura “Non muta la nostra collocazione euro atlantica” – la partecipazione dell’Italia alla Belt and Road Initiative è già un caso politico, con ripercussioni sia nazionali che internazionali, in particolare sulla partita che riguarda telecomunicazioni e tecnologia 5G. L‘adesione di Roma al progetto di cui è capofila Pechino fa storcere il naso anche al presidente Usa Donald Trump, che ha espresso preoccupazione tramite un suo onsigliere nei giorni scorsi. Il quale ha voluto definire l’Italia “ingenua”.

Come detto, la Lega stavolta sceglie la strada della cautela con Salvini, di solito avvezzo a posizioni nette, che in questa occasione si muove come un elefante in un negozio di cristalli e sonda il terreno: “Non sarà motivo di dissidio all’interno del governo, ma “mi basta che venga tutelato l’interesse nazionale, soprattutto quando si parla di telecomunicazioni e dati sensibili, perché mettere i dati e le informazioni di milioni di italiani in mano ad altri è cosa molto delicata e quindi bisogna pensarci cinque volte”, dice il Vicepremier.

Non è solo l’aspetto della sicurezza informatica a preoccupare Matteo Salvini che avverte: “Se si tratta di colonizzare l’Italia e le sue imprese da parte di potenze straniere, allora no” all’intesa. Del Carroccio, però fa parte anche il sottosegretario del Mise Michele Geraci, uno dei più forti sostenitori del progetto.

La partita è delicata: sul piatto, infatti, progetti infrastrutturali, terrestri e marittimi, e quindi porti, navi, ponti, strade, ferrovie ed anche le Vie della Seta digitali con la gestione della frequenza 5G e la relativa cessione. Immediata l’alzata di scudi da parte degli Stati Uniti e dell’Unione Europea che inquadrano l’operazione come una colonizzazione del paese asiatico nei confronti dell’Europa.

Proprio in quest’ottica, nelle scorse ore,  Bruxelles, in chiaro riferimento alla decisione dell’Italia di firmare un memorandum d’intesa per entrare a far parte del progetto cinese ‘One Belt, One Road’ aveva indicato la via:  “Né l’Unione europea, né alcuno degli Stati membri può raggiungere i propri obiettivi con la Cina senza una piena unità. Tutti gli Stati membri, individualmente e nell’ambito dei quadri di cooperazione subregionali come il formato 16 + 1, hanno la responsabilità di garantire la coerenza con le norme e le politiche del diritto dell’Ue e di rispettare l’unità dell’Unione Europea nell’attuazione delle politiche dell’Ue”.

Prova a smorzare i toni  il Ministro dell’Economia, Giovanni Tria, secondo il quale “si sta facendo credo una gran confusione su questo accordo, che non è un accordo, è un Memorandum of understanding”, “si ribadiscono i principi di cooperazione economico e commerciali presenti in tutti i documenti europei, nessuna regola commerciale ed economica viene cambiata”. Cambiare le regole commerciali “non sarebbe nelle possibilità italiane visto che è una competenza europea, credo che si stia facendo un po’ una tempesta in un bicchier d’acqua”.   

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