L’Italia vince la battaglia della lingua, annullati concorsi Ue non tradotti in italiano

L’Ue dà ragione a Roma. La lingua italiana entrerà a pari merito con le altre, nei bandi di concorso del Ue. Il Tribunale  di Lussemburgo, ha infatti annullato, senza però invalidarne l’esito, alcuni bandi di concorso per posti di lavoro nelle istituzioni Ue perché pubblicati sulla gazzetta ufficiale solo in inglese, francese e tedesco. Una “diversità di trattamento” vietata dalla Carta dei diritti, si legge in una nota ufficiale.Il Tribunale ha dato ragione all’Italia, viene inoltre specificato, “in applicazione del principio di tutela del legittimo affidamento ed al fine di preservare il legittimo affidamento dei candidati prescelti, questa sentenza non rimette in discussione i suddetti concorsi o elenchi di riserva”.

Il Tribunale di Lussemburgo ha annullato anche un bando che stabiliva che le prove si dovessero svolgere solo in inglese, francese e tedesco.

“L’odierna sentenza del Tribunale dell’Unione europea costituisce una significativa conferma dell’eguaglianza fra le lingue dei paesi membri”, ha dichiarato il ministro per gli Affari europei Enzo Moavero Milanesi. “Il governo italiano aveva presentato un ricorso – ha aggiunto il ministro – contro alcuni bandi di concorso per posti di lavoro in seno alle istituzioni europee, pubblicati solo in francese, inglese e tedesco, che determinavano, a nostro parere, una discriminazione, quanto alle pari opportunità, dei potenziali candidati di diversa madrelingua. I giudici europei – prosegue – hanno pienamente accolto la tesi italiana, stabilendo senza ombra di dubbio che i concorsi pubblici per poter lavorare negli organismi Ue devono essere svolti in tutte le lingue ufficiali dell’Unione”.

“Questa sentenza è molto importante per tutti i cittadini dell’Unione. Gli italiani che desiderano lavorare nelle istituzioni Ue, per contribuire alla costruzione di un’Europa più unita e per arricchire il proprio percorso professionale – ha concluso Moavero – vedono così riconosciuta pienamente la parità della nostra lingua e non alterate le loro legittime possibilità di successo nei concorsi pubblici banditi a tal fine”.

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