E’ irresponsabilità o malafede ? L’intervento militare iniziato in quell’angolo del mondo nel 2001 fu determinato dal fatto che potesse diventare la base di una multinazionale del terrore. Questo, solo, dovrebbe indurre l’Occidente a riflettere sugli errori commessi che hanno determinato il triste e sciagurato epilogo dello scorso agosto. Una vergogna e un fallimento. Il ragionamento non può che ruotare intorno a tre aspetti: le cause che hanno determinato l’intervento, le strategie di vent’anni di guerra, gli obiettivi politici perseguiti. L’intervento del 2001 ha ragioni fondate e indiscutibili, anzi queste ne escono rafforzate da ciò che è accaduto ad agosto di quest’anno con il precipitoso e poco onorevole ritiro delle truppe della coalizione guidate dagli Usa. Sembra, quasi, si sia dimenticato quel tragico 11 settembre che ha cambiato le sorti del mondo, del ruolo svolto da quel Paese rispetto alla preparazione degli attentati e alla copertura data ad Al Quaeda. Quanto da noi asserito trova conferma nel fatto che la minaccia del terrorismo islamico non si è attenuata e il sangue a Kabul non smette di essere versato. Già quel territorio era stata la palude degli imperi britannico e sovietico, per questo è il caso di porsi l’interrogativo di cosa abbia fatto la coalizione a guida statunitense in questo ventennio funestato da centinaia di migliaia di morti. Indubbiamente si tratta di un’area complessa , che ha visto la sconfitta di molte potenze straniere, formata da etnie tra loro divise e più radicate di qualsiasi identità nazionale. Di questo la coalizione non ha tenuto conto, anzi con estrema presunzione, ignoranza e velleità, ha pensato di imporre in un attimo un ordinamento democratico, moderno e unitario. Follia! Questo ha comportato da parte degli Usa l’allontanamento da quella realpolitik che solo può ispirare strategie militari e obiettivi politici. In questa delicatissima fase che si è aperta è opportuno ed indispensabile che vengano coinvolti i principali attori dell’area Occidentale che da tempo sembrano aver dismesso il ruolo di guida e ‘gendarme’ del mondo, polo di sviluppo, per lasciare il campo a potenze emergenti come la Cina e l’India, oppure a storiche potenze come la Russia di Putin. In Afghanistan questa dinamica potrebbe trovare il suo coronamento, se non ci si preoccuperà di colmare quel vuoto lasciato dal ritiro militare. In politica come in geopolitica i vuoti vanno colmati. Diversamente è un disastro.
Andrea Viscardi