Alle ultime elezioni politiche, in Lombardia il Terzo polo ha totalizzato circa il 10 per cento, il centrodestra è intorno al 52, la sinistra al 25 e il M5S al 6. Certo, tutto può cambiare, ma – con tutto il rispetto – è assai difficile che il valore aggiunto della persona Moratti riesca a scardinare la forza e il radicamento dei partiti. La sua revanche nei confronti del centrodestra può attendere.
Oltre alla contesa tra centrodestra, sinistra, 5Stelle e Terzo polo, ci sarà infatti quella tra l’offerta dei partiti e degli schieramenti e quella personalistica tipo Letizia Moratti. Mentre le candidatura dell’uscente Attilio Fontana e di Pierfrancesco Majorino rappresentano l’esito di una selezione avvenuta rispettivamente nel centrodestra e nella sinistra, quella dell’ex-ministro è il frutto di una scelta solitaria, cui solo successivamente ha aderito il partito di Carlo Calenda. La Moratti ha detto che andrà «fino in fondo» e che alla fine «vincerò». Realtà poco probabile mentre è quasi certo che la Moratti non guadagni l’accesso al Pirellone. L’ex-sindaco di Milano non sarebbe tanto una candidata sconfitta quanto il simbolo di un assalto non riuscito ai partiti, alle loro regole, ai loro metodi e alle loro scelte. Vale soprattutto per il centrodestra. Abbandonare una coalizione dopo averla rappresentata come ministro, sindaco, assessore regionale per una candidatura non ottenuta, non è uno solo uno sgarbo verso quello schieramento che l’ha sempre sostenuta, ma è un atto di superbia verso gli elettori che l’hanno ogni volta votata.
Moratti oppone un nome prestigioso, una formidabile rete di relazioni, rapporti antichi e collaudati con il terzo settore e amicizie con ambienti che contano nei posti che contano. Tutta “roba” che funziona ottimamente se l’obiettivo è integrare il consenso politico, ma che rischia di produrre clamorosi flop se deve sostituirlo.
Mentre diversi esponenti della società civile si sono appellati al Pd chiedendo di appoggiare la sua candidatura, il centrosinistra ha deciso di chiedere all’europarlamentare del Pd Pierfrancesco Majorino di correre contro l’ex sindaca di Milano e l’attuale presidente Attilio Fontana.
«Credo che in molti abbiano compreso l’importanza di questo voto che si terrà in uno scenario profondamente cambiato che vede un centrodestra sempre più destra e un’affermazione importante dei Cinque Stelle. C’è un’area di centrosinistra, riformista, che deve decidere se vuole coprire questo vuoto, perché i vuoti in politica non esistono. E se non sarà l’area del Pd a riempirlo sarà qualcun altro», dice Moratti.
Sul Corriere, arriva la replica del candidato Dem: ‘Tra Fontana, Moratti e il caos è chiaro che non c’è partita. Adesso noi ci siamo e combatteremo perché la voglia di cambiamento dopo 28 annidi governo di destra c’è ed è trasversale, al di là degli schieramenti politici». A presidiare quell’area riformista a destra del Pd, c’è Moratti. A cui Majorino manda un messaggio chiaro: «La considero un’autorevole rappresentante del centrodestra che ha governato in Lombardia in tutti questi anni. La sua conversione degli ultimi 15 giorni mi ha stupito e mi è parsa più legata alla sua mancata candidatura da parte di Salvini e Meloni. Ma se è una conversione sincera, col massimo del rispetto personale e senza arroganza credo che dovrebbe lasciare la corsa e le dico di sostenermi. Mi auguro che da parte del Terzo polo si capisca che se vogliamo cambiare, íl candidato che ha le possibilità per farlo e per vincere sono io’.