Luca Morisi e il retroscena delle telefonate al Viminale

Emergono nuovi dettagli sul “caso” Luca Morisi, l’ex guru social della Lega di Matteo Salvini, indagato per droga a Verona: secondo quanto avrebbe riferito una fonte qualificata del Viminale a ‘La Repubblica’, lo stesso Luca Morisi, “o comunque persone che parlavano a suo nome”, nei giorni seguenti alla perquisizione in casa sua avvenuta il 14 agosto, avrebbe o avrebbero preso contatto con tre persone al ministero dell’Interno.

Il duplice obiettivo delle telefonate, secondo la medesima fonte, sarebbe stato quello di verificare lo stato della segnalazione di “consumatore di stupefacenti” che Luca Morisi, come da normativa, aveva avuto, e di chiedere di gestire la pratica col massimo riserbo, evitando fughe di notizie.

Secondo quanto riportato da ‘La Repubblica’, la persona contattata da Morisi o da qualcuno a lui vicino dopo il 14 agosto non sarebbe Matteo Piantedosi, ex capo di gabinetto quando Matteo Salvini era ministro dell’Interno.

Il sottosegretario al ministero dell’Interno Ivan Scalfarotto ha riferito a ‘La Repubblica’: “Guardate che qui al Viminale la vicenda l’abbiamo scoperta leggendo il vostro giornale. O almeno, io non ne sapevo assolutamente niente”.

Come ricostruito da ‘La Repubblica’, alla fine del mese di agosto la notizia riguardante Luca Morisi era già iniziata a circolare negli ambienti parlamentari.

Lo stesso Morisi, una volta realizzato che le sue vicende non sarebbero rimaste segrete,  ha comunicato a Matteo Salvini le sue dimissioni da ogni incarico della Lega il 1° settembre.

Intervenuto a ‘Radio Capital’ venerdì 1° ottobre, il leader della Lega Matteo Salvini ha così commentato la vicenda riguardante Luca Morisi: “Non lo sento da giorni, spero sia tranquillo e si occupi di altro. È una vicenda veramente meschina, attaccano lui per attaccare me. C’è un’inchiesta senza prove e senza processo, che però è stato già svolto da una settimana sui giornali: non è proprio di un Paese normale”.

Non sono due sconosciuti. I giovani protagonisti del festino a casa di Luca Morisi nella cascina di Belfiore, a Verona, hanno una certa fama nel giro gay a Milano ma anche a Roma. Mentre l’ex responsabile della comunicazione social di Matteo Salvini, il guru de ‘La bestia’, è indagato per cessione di sostanze stupefacenti, i due escort parlano con la stampa ma rifiutano di scendere nei particolari. Morisi agli inquirenti ha riferito che la boccetta contenente la (presunta) droga dello stupro non fosse sua, a loro volta i due romeni scaricano la responsabilità sul mago dei social. Petre, raggiunto da Repubblica in videochiamata, risponde secco: “Già state rovinando la vita del mio amico, non dovete rovinare anche la mia. Io non ne voglio sapere nulla, non ho fatto niente, non abbiamo fatto niente”.

In realtà, aggiunge sibillina Repubblica, i nomi di Alexander e Petre “in certi ambienti dicono qualcosa. Sia a Roma, dove hanno vissuto per molto tempo, sia a Milano. Sono due escort conosciuti, che spesso si muovono in coppia. E sono conosciuti anche per una particolarità”. Quindi, l’indiscrezione illuminante: “A un certo punto delle serate chiedono più soldi di quelli pattuiti, e se ti rifiuti ti minacciano di chiamare la polizia, o comunque di rovinarti pubblicamente”. E potrebbe essere successo proprio questo nell’appartamento di Morisi la notte del 14 agosto.

Dal canto suo, Petre continua a confermare l’incubo vissuto in quella casa: “Sono stato malissimo, ho pensato di morire. Ho le prove, i certificati medici, le chat, gli screenshot che documentano tutto quello che ho detto: da quella giornata sono un’altra persona”.

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