”Luca Palamara è solo la punta dell’iceberg di un sistema in cui una minoranza di magistrati detta legge”. Ne è convinto Maurizio Gasparri, che è pronto a rappresentare in Parlamento l’esigenza di una “commissione di inchiesta sulla magistratura e sulle sue interferenze con la vita politica e sull’assenza di trasparenza nelle scelte e nelle procedute seguite dal Csm”. Per il senatore di Forza Italia è “clamoroso” lo scarso rilievo che le intercettazioni stanno avendo dal punto di vista mediatico, eppure sono tanti i punti oscuri che stanno emergendo.
Leggiamo ad esempio – continua Gasparri – l’attivismo dell’allora procuratore di Roma Pignatone. Sempre presente e attento in queste intercettazioni nel valutare e giudicare designazioni e nomine. Leggiamo in queste ore anche di cene in cui Pignatone si accompagnava con persone che avrebbe fatto meglio a non frequentare perché implicate in giudizi relativi ad inchieste svolte dalla stessa procura. Ma questi che hanno brandito il concetto del conflitto d’interessi lo hanno mai applicato a se stessi?
Inoltre Gasparri sostiene che l’inchiesta parlamentare deve puntare soprattutto “sulla procura di Roma e sulle persecuzioni che ha subito in passato Silvio Berlusconi. A Roma il Pd risulta miracolosamente indenne da conseguenze gravi. Sia nel passato che nel presente. Del resto quando leggiamo le relazioni tra Palamara e Zingaretti con auguri e felicitazioni telefoniche, capiamo molte cose. Su questo deve indagare il Parlamento – chiosa il vicepresidente del Senato – e chi si opporrà compirà un atto illecito contro il quale mi batterò in tutte le sedi. Non avranno né sconti né tregua”.
Della cena è rimasta soltanto qualche traccia: una risale alle 15.54 del 9 maggio, quando il trojan risulta perfettamente funzionante e intercetta Palamara mentre parla dell’incontro previsto per la sera con la compagna Daniela Attisani. Poi alle 18.08 il pm chiama il proprietario del ristorante per chiedergli l’orario della prenotazione, che è stata effettuata per otto persone. Dopodiché, evidenzia il Fatto, non si trova più alcuna traccia di conversazioni captate dal trojan fino al giorno successivo: “Siamo certi che nulla di penalmente rilevante, tantomeno imbarazzante – scrive Antonio Massari – sarebbe emerso dalle loro conversazioni in una cena di commiato tra amici. Ma il trojan di Palamara, che ha intercettato magistrati di ogni ordine e grado, quella sera fece cilecca”.