La bella e lodevole idea di voler rinunciare ai rimborsi elettorali che spettano ai partiti dopo il voto del 24 e 25 febbraio scorso è stato un cavallo di battaglia della campagna elettorale di Grillo&Company nella lotta anti Casta. Il M5S ha sempre detto di non voler accettare un solo centesimo di euro di finanziamento pubblico. Il risultato delle urne avrebbe potuto portare nelle casse del MoVimento 42,7 milioni di euro. Un grande tesoro che farebbe gola a tutti, partiti e non, ma che il due Grillo-Gasaleggio rimanda al mittente. Questo perché cozzerebbe con la strategia, non tanto velata, dei guru del M5S: ritornare al voto entro la fine del 2013 per cavalcare l’onda della protesta anti Casta, conquistare la maggioranza in Parlamento e lo scranno più alto di palazzo Chigi. Un piano che non fa una piaga, visto anche i sondaggi che danno i grillini in constante aumento, ma che farebbe perde appeal sugli elettori se fossero accettati i rimborsi elettorali. Guai a fare retromarcia, guai a fare un passo indietro. Chissà, però, cosa penserebbero quei milioni di italiani che hanno votato il MoVimento se venisse confermata la notizia che la rinuncia ai rimborsi elettorali per le elezioni politiche del 2013 potrebbe essere una mezza bufala. Sì perché il Movimento 5 Stelle sembra proprio che non avrebbe diritto a ricevere questi milioni di euro. Altro che rinuncia volontaria. E’ scritto a chiare lettere nella legge n. 96 del 6 luglio 2012, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 172 del 25 luglio 2012, recante “norme in materia della riduzione dei contributi pubblici in favore dei partiti e movimenti politici, nonché misure per garantire la trasparenza e i controlli dei rendiconti dei medesimi. Delega al governo per l’adozione di un testo unico delle leggi concernenti il finanziamento dei partiti e dei movimenti politici e per l’armonizzazione del regime relativo alle detrazioni fiscali”. L’articolo 5 è abbastanza chiaro e serve a fare chiarezza:
1.I partiti e i movimenti politici, ivi incluse le liste di candidati che non siano diretta espressione degli stessi, qualora abbiano diritto ai rimborsi per le spese elettorali o ai contributi di cui alla presente legge, sono tenuti a dotarsi di un atto costitutivo e di uno statuto, che sono trasmessi in copia al Presidente del Senato della Repubblica e al Presidente della Camera dei deputati entro quarantacinque giorni dalla data di svolgimento delle elezioni. L’atto costitutivo e lo statuto sono redatti nella forma dell’atto pubblico e indicano in ogni caso l’organo competente ad approvare il rendiconto di esercizio e l’organo responsabile per la gestione economico-finanziaria. Lo statuto deve essere conformato a principi democratici nella vita interna, con particolare riguardo alla scelta dei candidati, al rispetto delle minoranze e ai diritti degli iscritti. 2. I partiti e i movimenti politici, ivi incluse le liste di candidati che non siano diretta espressione degli stessi, che non trasmettano al Presidente del Senato della Repubblica o al Presidente della Camera dei deputati gli atti di cui al comma 1, nel termine ivi previsto, decadono dal diritto ai rimborsi per le spese elettorali e alla quota di cofinanziamento ad essi eventualmente spettante.
Per avere i rimborsi elettorali, insomma, un partito o movimento deve avere un atto costitutivo e uno statuto ” che sono trasmessi in copia al Presidente del Senato della Repubblica e al Presidente della Camera dei deputati entro quarantacinque giorni dalla data di svolgimento delle elezioni” e redatti nella forma “dell’atto pubblico”. Il M5S ha solo un ‘non statuto’: dunque ‘non statuto’ no ‘rimborsi’ e niente soldi. Dire no a 42 milioni di euro è stata sicuramente una grande mossa elettorale ma, allo stesso tempo, è anche cambiare un pò le carte in tavola per quei milioni di italiani, grillini e non, che hanno creduto di combattere per una ‘causa’ giusta.
Eugenio Bernardo