Il braccio di ferro tra Giuseppe Conte e Beppe Grillo in questi giorni sta occupando le prime pagine dei giornali. Il tema resta centrale nell’ambito della politica italiana visto che all’ex premier era stato affidato da Grillo il compito di rifondare il Movimento 5 Stelle ma, in seguito a scelte fatte da Conte, i rapporti tra l’avvocato e il comico genovese si sono incrinati. Il garante, leggi Grillo, non vuole essere messo da parte e incontrando gli eletti pentastellati ha ribadito con fermezza il suo ruolo.
In fin dei conti, il ragionamento da bar ascoltato in diretta è questo: ‘Grillo aveva chiesto a Conte di rifondare i 5 Stelle, non di impadronirsi del Movimento. Questo è quanto!’. ‘L’accordo non si troverà mai perchè Grillo non si fida più dell’avvocato’. ‘Il Movimento non esiste più con le idee e le motivazioni delle origini. Ha ragione Calenda, la lotta dei pentastellati è per il potere e le poltrone. A questo punto merita di scomparire, di liquefarsi’. Conte tirerà a se le truppe cammellate e farà un partito’. ‘Certo, bella idea, ma non esiste un partito reale fondato su linee politiche e le truppe contiane non saranno mai le truppe ‘mastellate’ che seguivano il leader che partiva da credi democristiani. Io ricordo Conte in una foto dov’era incollato a Luigi Di Maio. Trova la foto e capirai quello che voglio dire. Dov’è il partito, dov’è il leader? Dov’è la conoscenza politica, dov’è la formazione. Dov’è Ciriaco De Mita, dov’è Clemente Mastella? Stiamo parlando del nulla e di nient’altro’. I due amici si salutano lasciando nell’aria questo semplice e piccolo ragionamento. Due amici al bar che, in fondo in fondo, non dicono sciocchezze…
Le altre forze politiche, con in testa il Partito Democratico, guardano a quanto accade nella galassia M5s. L’interesse è motivato dalle ripercussioni che le fibrillazioni Cinque Stelle potrebbero avere sulla maggioranza di governo, di cui M5s è azionista di peso. Il rebus più difficile da risolvere è, tuttavia, quello degli effetti che l’addio di Conte al M5s, e la nascita di un nuovo soggetto politico da lui guidato, potrebbe avere nel campo di centrosinistra a cui Conte sta lavorando assieme a Enrico Letta e Roberto Speranza.
La campagna per le amministrative d’autunno è appena cominciata e il M5s è l’interlocutore del centrosinistra in molte città e anche il Calabria, dove Conte ha raggiunto l’accordo con Enrico Letta e Roberto Speranza sul nome di Maria Antonietta Ventura. Una scissione del M5s che effetto potrebbe avere sugli accordi siglati e su quelli a cui si sta lavorando? ‘Il nostro interlocutore è Giuseppe Conte’, precisavano fonti parlamentari dei dem. Altra incognita e’ il ruolo nel campo di centrosinistra di ciò che rimarrebbe dei Cinque Stelle e quello dell’eventuale partito contiano. Per non parlare delle ripercussioni a livello di consenso sugli altri partiti di centrosinistra. Stando ad alcuni sondaggi, ben presenti ai parlamentari di Pd e M5s, un partito dell’ex premier avrebbe un peso variante tra il 15 e il 18 per cento. Consenso che pescherebbe nel Pd, ma soprattutto nel M5s. A premiare, sostengono fonti parlamentari, e’ anche la linea di lealtà nei confronti del governo Draghi e di rilancio sui temi fiscali, del lavoro e dei diritti civili.
Passeranno, nel caso, 24 ore prima della conferenza stampa di Conte. Due giorni per invertire la rotta e per addolcire le prese di posizione. Si cercherà di ricucire con altre interlocuzioni, senza escludere un faccia a faccia con Luigi Di Maio. Proprio il ministro degli Esteri – si legge sulle agenzie – sarebbe sceso in campo per fare da sponsor a quella ‘compattezza necessaria soprattutto in questo momento perché serve il massimo impegno e lavorare per unire’.
Però chi è vicino a Conte fa filtrare pessimismo e negatività per la buona riuscita della mediazione. A questo punto si apre una domanda: in caso di divorzio, l’ex premier fonderà un partito tutto suo o lascerà definitivamente la politica? Forse è prematuro parlarne, anche perché prima va risolta la questione nel Movimento 5 Stelle. Conte resta aperto al dialogo, ma la strada potrebbe essere in salita se Grillo continuerà a pretendere di avere l’ultima parola nella scelta della linea politica del M5S.
Sergio Battelli, presidente della commissione Affari europei della Camera dei deputati e cane da guardia a Montecitorio del ministro degli Esteri Luigi Di Maio, è felice come una Pasqua: ‘Vi avevo avvisato, l’uomo solo al comando non funziona nel M5s’, confida nei colloqui avuti con deputati e senatori all’indomani dello show di Beppe Grillo contro Giuseppe Conte.
Davide Crippa, capogruppo dei Cinque stelle a Montecitorio, è un fiume in piena nelle chat grilline: ‘Avevo ragione su Rocco Casalino. Avete ascoltato il passaggio di Beppe Grillo sulla comunicazione? Il mio no al contratto dell’ex portavoce del premier non era una questione personale’.
Le parole di Grillo nelle due riunioni, con deputati e senatori, a Montecitorio, sono state accolte come una liberazione dal gruppo di parlamentari che in queste settimane si è mosso contro la proposta di affidare pieni poteri a Conte. Il comico genovese stoppa il piano dell’avvocato del popolo di accentrare nelle sue mani tutto il potere nel M5s. L’ex sottosegretario alla Difesa, Angelo Tofalo, escluso dal governo Draghi, esulta: ‘Ora sì che si apre una fase nuova per il Movimento’, dice il deputato nelle conversazioni con i colleghi campani all’indomani dell’entrata a gamba tesa di Grillo. È un susseguirsi di reazioni e timori.
‘Conte è il nuovo Renzi. Arrogante, pieno di sé. Non è adatto a guidare il Movimento’, si sfoga un senatore del M5s.
E poi: ‘Dove va Conte senza il Movimento? Senza i soldi e la struttura dei Cinque stelle’. Certo, c’è chi insiste: ‘La sua popolarità è determinante per il rilancio dei Cinque stelle’.
Gli strascichi dello scontro arrivano fino al Campidoglio. Il sindaco uscente Virginia Raggi teme di non poter più contare sull’appoggio dell’ex premier per la campagna elettorale.
Il Movimento Cinque Stelle ha conosciuto un lento ma inarrestabile calo cominciato dal 2018, dopo il 33 per cento delle elezioni, e che si era assestato in una forbice tra il 15 e il 17 per cento proprio con la – mai completata, come si è visto – ufficializzazione dell’arrivo dell’ex presidente del Consiglio alla guida. Oggi, avrebbe da perderci lo stesso Conte, il quale rimane il leader di partito più apprezzato nel Paese, ma che si vedrebbe azzoppato senza l’appoggio del fondatore, perché Grillo è un collettore non indifferente per i dirigenti, i parlamentari, gli elettori. Un partito personale di un leader apprezzato può raccogliere sicuramente percentuali di rilievo, togliendo voti soprattutto a Pd e 5 Stelle, non però oltre il 10 per cento. Siccome in politica nulla fa rima con l’aritmetica, non è assolutamente detto che il consenso personale di Conte possa tramutarsi in quello di un suo eventuale partito o lista, specie dopo una rottura del genere.
Qui le opinioni divergono. Secondo Antonio Noto di Noto sondaggi ‘Conte senza i 5 Stelle potrebbe avere addirittura più consensi, i dati ci dicono che potenzialmente una sua lista può arrivare al 18-20 per cento. Drenando voti dal Movimento e dal Pd, che scenderebbero attorno al 12-13 per cento, e poi attingendo da un target di elettori non fidelizzati’. L’ex capo del governo gode di grande fiducia perché gli viene riconosciuto di averci messo la faccia durante l’emergenza Covid, dopo Sergio Mattarella e Mario Draghi è il politico più stimato e vediamo come la fiducia in Draghi è in parte sovrapponibile a quella attorno proprio a Conte. Per Noto il ciclo di vita del M5S è in fase terminale. Tra Grillo e Conte, i voti oggi li ha il secondo e su questo tutti sembrano concordi.
Il M5S comunque paga soprattutto la mancanza di chiarezza degli ultimi anni: Conte, afferma Buttaroni, aiutava a semplificare il quadro, portando il Movimento in un classico posizionamento di centrosinistra a seguito del disorientamento post-elezioni, dove dopo una storia di valori rigidi si è ritrovato prima al governo con la Lega e poi con il Pd.