Mandante condannato, killer assolto. Cosi’ aveva deciso lo scorso 19 febbraio la seconda sezione della Corte d’Assise d’Appello di Palermo sul caso del giornalista Mauro Rostagno ucciso 30 anni fa. Scagionato il presunto sicario, Vito Mazzara, che era stato condannato all’ergastolo in primo grado; confermata invece l’altra condanna al carcere a vita, riguardante il boss trapanese Vincenzo Virga, ritenuto il mandante del delitto. Rostagno, giornalista e sociologo torinese trapiantato a Trapani, ex di Lotta continua, fu ucciso la sera del 26 settembre 1988 a Velderice, nei pressi della comunita’ Saman di cui era uno degli animatori. La valenza probatoria dei risultati della perizia su un campione di Dna, estratto dal sottocanna del fucile utilizzato per uccidere Rostagno, e’ stata al centro dei due procedimenti (primo grado e appello). Una “piena valenza dimostrativa agli esiti degli accertamenti biologici e statistici” che evidentemente non ha convinto. Mazzara all’epoca faceva parte del gruppo di fuoco della cosca mafiosa di Trapani, nel tempo libero frequentava il poligono di tiro per esercitarsi con il suo fucile e negli anni e’ stato riconosciuto come autore degli omicidi Giuseppe Piazza e Rosario Sciacca della faida di Partanna, dell’agente di polizia penitenziaria Giuseppe Montalto e di Antonio Monteleone, tutti compiuti con un fucile calibro 12. La stessa tipologia dell’arma che uccise Rostagno. La chiave di lettura del delitto Rostagno, per quasi vent’anni avvolto nel mistero, non e’ mai stata univoca. Intanto gli elementi contro il presunto killer Vito Mazzara – condannato all’ergastolo in primo grado e oggi assolto in appello – sono stati considerati insufficienti, perche’ il test del Dna su alcune parti del fucile usato dai sicari (esploso al momento dell’esecuzione) non e’ stato ritenuto – dai giudici di appello – munito della necessaria certezza, per condannare l’imputato. Il boss trapanese Vincenzo Virga si e’ visto invece confermare – in quanto capomandamento di Trapani al momento del delitto – la responsabilita’ come mandante e il carcere a vita. (AGI) L’omicidio, secondo la Corte d’assise di Trapani e, oggi, secondo il collegio di secondo grado, e’ legato all’impegno giornalistico di Mauro Rostagno nell’emittente televisiva Rtc.
Una delle prime piste seguite dagli inquirenti, quando il caso fu riaperto, a meta’ degli anni ’90, fu quella interna a Lotta Continua, il movimento politico di cui il sociologo torinese aveva fatto parte durante gli anni di piombo: fra gli arrestati ci furono Elisabetta “Chicca” Roveri, compagna dell’ex attivista extraparlamentare, e Francesco Cardella, poi del tutto scagionati nel prosieguo dell’indagine. Ipotizzata anche un’altra pista interna alla gestione della comunita’ Saman per tossicodipendenti, con interessi per centinaia di milioni di vecchie lire, ma anche questa non aveva avuto esito. I pentiti avevano invece ricostruito un contesto in cui le inchieste e l’attivita’ giornalistica di Rostagno (che non faceva parte dell’Ordine dei giornalisti e fu iscritto alla memoria) avrebbero dato fastidio ai boss della zona in cui Rtc era ascoltata, appunto quella di Trapani e provincia: in veste di cronista, la vittima si era occupata infatti di traffici di droga e armi, attraverso una pista per piccoli aerei da turismo in disuso, e dei presunti legami tra mafia e massoneria deviata. Mazzara era stato campione di tiro a volo e anche per questo motivo era stato indicato come il possibile autore dell’omicidio, avvenuto intorno alle 20 del 26 settembre di trent’anni fa, in contrada Lenzi di Valderice (Trapani), mentre il giornalista rientrava alla Saman, dove abitava, dopo l’edizione serale del telegiornale. Con lui in auto c’era la collaboratrice Monica Serra, rimasta illesa perche’ Rostagno, gia’ ferito, la spinse sotto il sedile. Il giorno della sentenza restava l’amarezza per una giustizia e una verita’ parziali: “Le sentenze si rispettano, ma quando vedi che dopo 30 anni si stenta ad ottenere piena verita’ e giustizia, resta l’amaro in bocca. C’e’ comunque una certezza, a uccidere Mauro Rostagno e’ stata la mafia, perche’ l’impianto accusatorio e’ stato confermato, ma ancora non sappiamo chi lo ha assassinato”, sosteneva l’Ordine dei giornalisti di Sicilia che si era costituito parte civile. “Dopo 30 anni – per il presidente Giulio Francese – non si e’ ancora riusciti a fare piena luce”.