Mafia, colpito clan Rinzivillo a Gela: quattro arresti, anche un avvocato

La polizia di Caltanissetta ha eseguito 4 ordinanze di misura cautelare in carcere, emesse dal gip di Caltanissetta, su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia per associazione mafiosa aggravata, per avere fatto parte di cosa nostra – clan Rinzivillo. L’attività investigativa, che si è conclusa con gli arresti di oggi, costituisce una costola dell’operazione ‘Extra fines’ che portò all’arresto, nel 2017, di 37 affiliati al clan Rinzivillo. L’inchiesta aveva fatto luce sull’ascesa, nella famiglia di cosa nostra gelese, del boss Rinzivillo il quale, approfittando della carcerazione dei suoi fratelli e dell’assenza sul territorio di uomini in grado di contrastarne il carisma, riorganizzò il clan facendo leva sia su figure tradizionalmente appartenenti ad esso sia su figure nuove ed emergenti che si erano messe a sua disposizione. Nell’ambito dell’indagine è emersa la figura di un avvocato del Foro di Gela, quale uomo di fiducia del boss sin dal 2016 (durante il periodo delle indagini poi confluite nell’operazione Extra Fines) quando lo aveva fatto contattare da un suo affiliato. L´avvocato costituiva la longa manus di Rinzivillo negli affari con altri appartenenti al clan.

Secondo quanto accertato dagli inquirenti, Rinzivillo impartiva all’avvocato ordini precisi che andavano ben oltre gli incarichi forensi. La disponibilità del legale nei confronti del boss gelese si manifestava anche dopo la carcerazione del boss: infatti, è proprio al suo avvocato che Rinzivillo, approfittando del suo status di insospettabile legale, affidava il compito di fare uscire i suoi ordini per altri esponenti del clan, ancora liberi sul territorio. Nel corso dell’indagine è stato anche rilevato che l’avvocato faceva pervenire al boss messaggi dai sodali liberi, mostrandogli dei fogli durante i colloqui in carcere: una modalità ingegnosa con la quale l’avvocato gelese pensava di eludere eventuali intercettazioni ambientali a suo carico.

Inoltre, uno degli odierni arrestati, appartenente a cosa nostra – clan Rinzivillo, imprenditore gelese tradizionalmente operante nel commercio di carni, assicurava aiuto economico all’associazione, al capo clan e ad altri sodali in carcere. Lo stesso imprenditore offriva disponibilità al capo dell’associazione ad assumere alle proprie dipendenze personale indicato dal capomafia e favoriva l’infiltrazione del clan rinzivilliano nel tessuto economico legale attraverso il riciclaggio di denaro di provenienza illecita. L’imprenditore è indagato anche per tentata estorsione, aggravata per averla commessa in qualità di appartenente al clan mafioso, per avere tentato di procurarsi un ingiusto vantaggio in danno di un imprenditore concorrente, rappresentante di carni e salumi, che è stato minacciato di morte se avesse continuato a offrire ai clienti la stessa carne da lui commercializzata.

Un terzo arrestato, imprenditore licatese di cosmetici e profumi, era a disposizione del capo clan favorendo il boss gelese nell’attivazione di attività economiche funzionali all’investimento e riciclaggio di illeciti proventi, avvalendosi anche in questo caso della figura dell’avvocato. Non meno importante la figura di un altro arrestato, storico appartenente al clan rinzivilliano di Gela, il quale, approfittando dei permessi premio durante la carcerazione a Milano, aveva ripreso i contatti con Rinzivillo, favorendo l’incontro con un esponente di cosa nostra di Salemi. A quell’incontro, avvenuto il 14 aprile 2017, Rinzivillo volle essere accompagnato proprio dall’avvocato.

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