Grazie a diversi provvedimenti della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza di Palermo, hanno arrestato trentasei persone ritenute esponenti anche di vertice di famiglie mafiose. I malviventi, sarebbero coinvolti nei mandamenti di Brancaccio, San Lorenzo, Resuttana e Boccadifalco. I fermi, sono scattati la scorsa notte.
Le accuse sono per tutti di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione, traffico di sostanze stupefacenti e altri reati. Gli indagati infatti, volevano ricreare la “ Cupola a Palermo”.
E’ tra l’altro emerso dalle indagini che i boss Giuseppe e Filippo Graviano, detenuti al 41 bis, continuavano a esercitare un dominio sul quartiere di Brancaccio, attraverso una loro sorella, e sono stati individuati i nuovi capi dei mandamenti di Tommaso Natale, Giulio Caporrimo, e di Passo di Rigano, Giovanni Bosco.
In particolare, nell’operazione “Araba Fenice” il clan è stato oggetto di indagini sviluppate attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali, “servizi tecnico-dinamici” sul territorio e analisi delle dichiarazioni di alcuni pentiti.
Sono stati così scoperti gli attuali vertici operativi del mandamento di Brancaccio e i loro più attivi fiancheggiatori, soggetti che per gli inquirenti sono riferibili ai fratelli Graviano, una sorella dei quali rivestiva un ruolo di spicco ed è stata arrestata.
Identificati anche gli esattori della capillare rete delle estorsioni controllata dalla cosca, che imponeva il ‘pizzo’ a numerosi imprenditori e commercianti dei quartieri interessati.
Nell’operazione “Idra” un provvedimento di fermo di indiziato di delitto, emesso a carico di sedici capi e affiliati dei mandamenti di Tommaso Natale e Resuttana. Nell’operazione “Architetto” e’ stato arrestato, tra gli altri, Giuseppe Liga, accusato di essere l’erede dei boss Salvatore e Sandro Lo Piccolo. Con l’arresto di Liga, secondo gli inquirenti, si era affermato come ‘reggente’ del mandamento Calogero Di Stefano, diventato nuovo punto di riferimento della raccolta del “pizzo” e della gestione del gioco clandestino. Di Stefano aveva anche proseguito nell’opera di riassetto della struttura organizzativa di “Cosa Nostra”. In tale contesto si è affermata la leadership di Giulio Caporrimo, già fedelissimo di Salvatore Lo Piccolo. Scarcerato nell’aprile del 2010, Caporrimo in varie riunioni di vertice si era proposto come elemento di sintesi tra i ‘reggenti’ degli altri mandamenti mafiosi di Palermo. Fermati poi quattro componenti del mandamento mafioso di Boccadifalco – Passo di Rigano, costituito dall’omonima famiglia e da quelle di Uditore e Torretta. L’attività investigativa ha riguardato la riorganizzazione della cosca e i suoi rapporti con gli altri clan della città, dopo il superamento, già documentato da precedenti indagini, del veto imposto da Toto’ Riina al rientro in Sicilia nei dei così detti “scappati”, quelli che cercarono riparo negli Usa dalla seconda guerra di mafia conclusasi con l’egemonia corleonese.
In particolare l’attenzione degli investigatori si è focalizzata su Giovanni Bosco, parente del boss Totuccio Inzerillo ucciso negli anni ’80, e attuale reggente del mandamento. Bosco e’ indicato dagli inquirenti come il piu’ longevo uomo d’onore alla guida di un mandamento, essendo stato nominato con il consenso dell’allora latitante Salvatore Lo Piccolo. Sono stati ricostruiti anche i ruoli di Alfonso Gambino, inserito nella famiglia di Uditore e portavoce di Bosco nell’interlocuzione con i mandamenti di Porta Nuova, Tommaso Natale e Noce; di Matteo Inzerillo, nipote del boss Michelangelo La Barbera, indicato come uomo d’onore della famiglia di Passo di Rigano, gia’ coinvolto nell’indagine “Iron Tower” e incaricato di mantenere i rapporti con altri esponenti del mandamento di appartenenza che incontrava anche durante l’orario di servizio utilizzando mezzi dell’Amat, l’azienda comunale del trasporto locale di cui e’ dipendente; di Ignazio Antonino Mannino, uomo d’onore della famiglia di Torretta, fratello del detenuto Giovanni Angelo e già condannato nel processo “Iron tower”. I quattro hanno costituito il gruppo più numeroso tra quelli presenti al summit mafioso del 7 febbraio scorso a Villa Pensabene, segno della considerazione che avevano ritrovato nel panorama di Cosa Nostra palermitana.