CATANIA. Malati terminali uccisi su un’ambulanza, iniettando loro dell’aria nel sistema sanguigno, e poi i corpi ‘venduti’ per 300 euro a agenzie di onoranze funebri. Era questa l’ipotesi, che dà il nome all’operazione in corso dei carabinieri, l’Ambulanza della morte, sulla quale stava lavorando da mesi la Procura di Catania che aveva aperto un’inchiesta per omicidio dopo le rivelazioni di un collaboratore di giustizia, che accusa la mafia locale di avere avuto un ruolo nella vicenda. Il decesso avveniva durante il trasporto dall’ospedale di Biancavilla a casa dei pazienti dimessi perché in fin di vita.
I casi sarebbero iniziati nel 2012. All’insaputa dell’ospedale e dei medici. Le prime rivelazioni il ‘pentito’ le aveva fatte in un’intervista a ‘Le Iene’ e poi si era recato in Procura per riferire dei fatti a sua conoscenza. Carabinieri della compagnia di Paternò, su delega dei magistrati della Dda etnea, hanno acquisito cartelle cliniche nell’ospedale.
La gente non moriva per mano di Dio, spiegò allora il collaboratore, ma per guadagnare 300 euro, invece di 30 o 50. Secondo la sua ricostruzione, il malato terminale tornava a casa siccome era in agonia e sarebbe deceduto lo stesso, gli iniettavano dell’aria con l’agocannula nel sangue, e il malato moriva per embolia, così i familiari non se ne accorgevano.
Approfittando del momento di grande dolore proponevano l’intervento di un’agenzia di onoranze funebri che, sottolinea il testimone, poi gli facevano un regalino, i 300 euro a salma appunto. Il pentito sostiene che erano i boss a mettere gli uomini sull’ambulanza e che i soldi andavano all’organizzazione.
Sono oltre 50 i casi all’attenzione della Procura distrettuale di Catania di decessi avvenuti tra il 2012 e il 2016 sul quale sono stati svolti accertamenti nell’ambito dell’operazione ‘Ambulanza della morte’. Di questi una decina, secondo le indagini dei carabinieri, hanno ‘una maggiore pregnanza’, ma soltanto tre sono al momento i decessi portati all’attenzione del Gip che ha emesso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Lo ha detto il procuratore aggiunto Francesco Puleio.