Manipolazione tasso interbancario (Libor): investigazioni in atto

Durante il 2008, soprattutto a partire dai giorni di settembre che seguirono il fallimento di Lehman Brothers, le banche appartenenti al circuito che determina il tasso Libor (tasso interbancario praticato sulla piazza di Londra), ed in primis Barclays, avrebbero artificialmente sottostimato il tasso di mercato interbancario, riportando tassi ufficiali più bassi di quelli che il mercato era disposto a praticare.

Il Libor è determinato da un consorzio di banche operanti sulla piazza di Londra, in primis Barclays, a cui si aggiungono, tra le altre, RBS, HSBC e Lloyds, e rappresenta il tasso medio al quale queste banche si prestano denaro reciprocamente. Si tratta di un importante indicatore della liquidità del mercato, per cui più basso è il tasso maggiormente liquido è il mercato, cioè disponibile a prestare denaro. Viceversa, più alto è il tasso meno propensione c’è tra le banche a prestare denaro.

Due le principali aree di interesse che spiegherebbero la manipolazione del tasso Libor. Anzitutto, le autorità di controllo e le stesse banche appartenenti al circuito Libor erano preoccupate che un’impennata del tasso Libor determinasse una situazione di panico nel mercato, creando forti disincentivi da parte di tutti alla circolazione dei capitali nel circuito interbancario. Ciò è confermato, tra gli altri, da Paul Tucker, che sedeva nel board della Banca d’Inghilterra. Si temeva dunque il congelamento del mercato del credito. A tale proposito vi sarebbero evidenze di un atteggiamento collusivo da parte delle autorità di controllo, in primis della Banca d’Inghilterra attraverso la FSA e dell’americana SEC, che durante il 2008 sono state protagoniste di una corposa corrispondenza su principi e meccanismi per “incrementare la credibilità del Libor”. A detta dello stesso Tucker, si temette addirittura che qualche membro del circuito Libor potesse uscire dal consorzio compromettendo lo stesso meccanismo di fissazione del Libor, tassello fondamentale dell’intero sistema bancario londinese e internazionale.

A ciò va aggiunto che le banche appartenenti al circuito Libor sono tradizionalmente “debitori netti”, cioè tendono a raccogliere denaro più di quanto ne prestano, soprattutto dalle banche periferiche anglosassoni e dalle banche europee, che fungono invece da veicoli di raccolta di capitali. Un Libor artificialmente basso ha quindi favorito i membri del circuito, abbassando il loro costo di raccolta.

In secondo luogo, le banche del circuito Libor erano fortemente esposte su contratti di copertura del rischio tasso, i cosiddetti Interest Rate Swaps (IRS). In base a tali contratti, le banche devono compensare le controparti per la differenza tra il tasso Libor effettivamente praticato dal mercato ed un tasso fisso preso come base di riferimento. Pertanto, se il Libor fosse effettivamente cresciuto, tali banche avrebbero dovuto effettuare pagamenti compensativi al sistema, incorrendo in forti perdite.

Secondo la metodologia attualmente più accredita, avallata peraltro anche dal Wall Street Journal, la prova della manipolazione del Libor starebbe nella divergenza tra il rendimento dei CDS (Credit Default Swaps), che misurano il rischio di default di ciascuna banca, ed il differenziale tra Libor e tassi overnight sugli swaps, anch’esso proporzionale al rischio di default di una banca. Le due misure dovrebbero essere simili, e ciò non accadde nel periodo incriminato.

La stima del danno provocato al sistema è ancora in itinere. E’ certo che la sola esposizione delle quattro principali banche londinesi (Barclays, RBS, HSBC e Lloyds) ai contratti IRS, in termini di “fair value” di attività in bilancio esposte agli IRS alla fine del 2011, è di 1.35 trilioni di pounds, pertanto anche piccole differenze di Libor nell’ordine di 2-3% fanno ipotizzare che il danno complessivo causato a soggetti terzi possa essere dell’ordine di almeno 25-30 miliardi di pounds, solo per quanto attiene i contratti IRS, valore ben distante dai 290 milioni di pounds che Barclays ha transato in prima battuta.

Per quanto sopra riportato, i soggetti danneggiati sono variegati, e possono essere inquadrati nelle seguenti categorie:

– Le istituzioni che hanno prestato denaro alle banche appartenenti al circuito Libor, ciò in quanto il prestito è avvenuto ad un tasso inferiore rispetto a quello che avrebbe dovuto essere praticato.

– Le banche che hanno acquistato IRS, ciò in quanto non sono scattati i pagamenti compensativi che avrebbero dovuto neutralizzare l’incremento dei tassi di mercato che hanno gravato su queste banche.

– Le aziende non bancarie e i singoli risparmiatori, che possono aver subito lo stesso danno del caso precedente per via della mancata protezione dall’aumento dei tassi.

– I governi, i comuni e i fondi pensione, per la mancata copertura del rischio tasso. Ciò peraltro è confermato dal fatto che alcuni di questi soggetti hanno denunciato pressioni ricevute in passato per acquistare IRS senza che fosse loro spiegato esaustivamente il profilo rischio di questi prodotti.

Lo stato delle investigazioni in atto è alquanto dinamico. Le autorità di regolamentazione di diversi Paesi stanno estendendo le investigazioni anche ad altri soggetti. Ad oggi si registra una sola transazione, da parte di Barclays, che ha accettato di pagare 290 milioni di pounds di multa, ma le altre tre principali banche londinesi stanno negoziando con la FSA pagamenti a compensazione del danno provocato a soggetti “non sofisticati”, rappresentati in gran parte da privati e piccole aziende. In Italia la Procura di Trani ha aperto un fascicolo contro ignoti su denuncia dell’Adusbef e dell’associazione dei consumatori. E’ possibile che vi siano state conseguenze anche a danno degli enti locali e del Tesoro soprattutto in conseguenza dei contratti IRS, che di fatto non hanno offerto la protezione per la quale erano stati concepiti.

Alberto Micalizzi, Phd

Docente Universitario

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