Manovra 2024, riparte il cantiere dopo pausa estiva

Riparte il cantiere della manovra 2024 dopo la pausa estiva. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti inizia le prime ricognizioni tecniche post vacanze in vista della presentazione, entro il 20 settembre, del Piano strutturale di bilancio che ha preso il posto della Nadef. Il Bilancio sarà anche al centro del vertice di maggioranza in programma per venerdì 30 agosto. Prima delle vacanze il ministro aveva incontrato separatamente vari colleghi di governo per un confronto sui tagli di spesa. Anche quest’anno si presenta il nodo risorse da sciogliere, ma questa volta la risoluzione del rebus è resa più ardua sia per il ritorno delle regole di Maastricht, seppur riformate, sia perché l’Italia è sotto procedura per deficit eccessivo quindi dovrebbe tagliare il disavanzo strutturale almeno dello 0,5% annuo per i prossimi sette anni, circa 10 miliardi l’anno.

A volere riconfermare le misure della precedente manovra e le spese inderogabili, il conto partirebbe da oltre 20 miliardi di euro. Tra le principali voci, il taglio del cuneo a 14 milioni di lavoratori (10,7 miliardi) e l’accorpamento delle prime due aliquote Irpef (circa 4 miliardi); i sostegni per la Zes pesano per 1,9 miliardi; per le missioni internazionali serve almeno 1 miliardo; per la detassazione del welfare aziendale e dei premi di produttività oltre 800 milioni. Per le coperture il governo punta sulla spending review, sugli stanziamenti di misure abolite, come l’Ace, e sulle entrate fiscali.

Dal concordato biennale proposto a 2,7 milioni di autonomi e imprese sui redditi da dichiarare nel 2024 e 2025 con la garanzia di essere esclusi dai controlli si punta ad un gettito pari a circa 2 miliardi. Ma la stima appare – secondo fonti parlamentari – troppo ottimistica visto che oltre 1 milione dei contribuenti interessati dal concordato presenta un indice di affidabilità fiscale basso sollevando qualche perplessità sulla volontà di questi ultimi di aderire entro il 31 ottobre. Nel novero delle risorse anche gli incassi dal pagamento delle ultime rate della rottamazione quater prorogata al 15 settembre.

Ne consegue che il quadro sulle coperture sarà chiaro solo più avanti. Intanto entro il 20 ottobre il governo dovrà mettere mano al Documento programmatico di Bilancio da trasmettere a Bruxelles e al Parlamento, dopo arriverà l’articolato della manovra, da approvare entro il 31 dicembre.

Anche i bonus e gli sconti fiscali – le cosiddette tax expenditure – entreranno nel menù della prossima manovra. «Ci sono bonus, tipo quello “famoso” sul monopattino, che appaiono come spese clientelari e che adesso non hanno più ragione di esistere», ha affermato il presidente della commissione Finanze della Camera Marco Osnato parlando al Meeting di Rimini prima di partecipare al dibattito con il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti.

Una conferma di quanto il governo ha già dichiarato di voler fare nell’ultimo Def che indica espressamente una «revisione della disciplina dei crediti d’imposta». Una rasoiata è già arrivata quest’anno con le limitazioni introdotte sul superbonus. C’è stato poi il primo modulo della riforma fiscale che ha introdotto una franchigia di 260 euro per i redditi sopra i 260mila euro. Ma l’operazione di revisione sugli altri sconti sembra ancora una delle vie obbligate della manovra per reperire risorse. Crediti d’imposta, detrazioni, deduzioni, agevolazioni varie: il loro numero in sette anni, complice le difficoltà economiche del Covid e l’esigenza di sostenere l’economia e i redditi, è passato da 466 a 626.

Il conto l’ha stilato l’Ufficio Parlamentare di Bilancio, di fatto l’authority italiana dei conti pubblici, che ha calcolato che tra il 2018 e il 2024 la perdita di gettito è quasi raddoppiata passando da 54 a 105 miliardi. Tagliare qualche spesa per far rientrare il rapporto deficit-Pil come indicato nel Def – ha spiegato Osnato a Rimini – «si può e si dovrebbe fare. È una enorme massa di denaro nella quale ripensare qualche spesa sarebbe doveroso».

La maggior parte del “drenaggio” di risorse arriva però da alcune voci che la politica e il governo non intende toccare. I mutui casa, le spese sanitarie, il lavoro. Le detrazioni per spese sanitarie effettivamente godute costituiscono, da sole, due terzi del totale, valgono 3,8 miliardi e sono utilizzate da 18,7 milioni di contribuenti. Seguono le detrazioni per interessi sui mutui per l’acquisto dell’abitazione principale: 730 milioni su 3,7 milioni di beneficiari.

Ma che ci sia bisogno di una razionalizzazione appare chiaro anche da altri dati. Nonostante l’affastellamento di norme, regolamenti e iter gestionali dei diversi sconti il beneficio medio reale, calcolato dell’Upb, si attestava a 175 euro nel 2021 e solo il 4% dei contribuenti aveva un alleggerimento d’imposta sopra i 1.000 euro. C’è poi un altro nodo.

Le detrazioni che si applicano sull’Irpef rimangono concentrate sui contribuenti con reddito più elevato: il 50 per cento dei contribuenti meno abbienti gode di circa il 15 per cento delle detrazioni totali, mentre al 10 per cento più ricco afferisce il 26 per cento.

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