I primi passi sulla manovra non sono stati apprezzati dalle opposizioni. I dem parlano di cdm convocato senza avere le idee chiare. Promettono battaglia – “non faremo sconti”, dichiara il capogruppo Pd al Senato Francesco Boccia: “C’è bisogno di trenta miliardi, il governo ne ha nove”, è l’analisi del presidente dei senatori dem Francesco Boccia: “Dal Consiglio dei Ministri non c’è stato un provvedimento. È stato convocato chissà perché. Hanno fatto un convegno, non un Consiglio dei ministri. Ne sono usciti dicendo che auspicano che accada qualcosa. Ma sono loro che devono dirci cosa hanno intenzione di fare. Le risorse, tuttavia, sono limitate, lo stesso ministro Giancarlo Giorgetti ha ammesso, qualche giorno fa, che non si potrà fare tutto. Il disavanzo che hanno approvato col Def dice 3,7%. Vuol dire che non c’è un euro. Hanno otto o nove miliardi rispetto ai trenta che servono per la manovra. Non capiamo che intenzioni hanno. Noi faremo una durissima battaglia per la riduzione del cuneo fiscale e per la sanità pubblica. Perché l’unica cosa che abbiamo capito è che il governo ha una strategia per ridurre le risorse della sanità pubblica e dei servizi pubblici”.
Duro attacco del leader del M5S Giuseppe Conte a Giorgia Meloni, dopo l’affondo della premier contro il superbonus al 110%. “Per continuare nella direzione nel segno dell’austerità e della ingiustizia sociale Meloni e la sua cricca hanno bisogno di strumenti di distrazione di massa, di capri espiatori. La premier costruisce oggi il castello di carte con cui domani giustificherà una manovra improntata agli zero virgola, senza nulla per lavoratori e imprese. È questa l’unica plausibile ragione per cui oggi Meloni è tornata sul passato muovendo ridicole accuse al Superbonus già spazzate via dal Rapporto annuale della Guardia di Finanza e dal consigliere economico del ministro Giorgetti del Mef. Ma la Presidente Meloni pensa davvero che gli italiani, a partire dai suoi stessi elettori, siano davvero così accecati? Questa è la dimostrazione plastica di un Governo allo sbando, pronto nuovamente a stringere la cinghia alle famiglie e alle imprese italiane. Troveranno sulla loro strada un Movimento determinato ad impedire questo nuovo giro di vite nel Paese”.
“Siamo realmente preoccupanti per le politiche economiche attuali del governo, che sembrano prive di una vera visione e stanno colpendo duramente i pensionati, gli investimenti nell’ambito ambientale e la sanità. Allo stesso tempo, il governo sembra ignorare la voce dei cittadini riguardo a importanti questioni come il salario minimo, su cui sono state raccolte oltre 360.000 firme a sostegno. Il salario minimo è una misura essenziale per garantire un reddito dignitoso a tutti i lavoratori e migliorare la qualità della vita delle persone. Rifiutare questa richiesta è un segno di disinteresse totale verso le esigenze delle famiglie italiane”. Così in una nota il co-portavoce di Europa Verde e deputato di AVS Angelo Bonelli, che prosegue: “Nessun programma per utilizzare al meglio gli extraprofitti delle banche e delle compagnie energetiche per sostenere politiche ambientali e sociali. Questi profitti eccessivi potrebbero essere investiti per affrontare la crisi climatica, un problema che sta causando danni economici sempre più gravi attraverso eventi climatici estremi”.
L’Italia arriva al rush finale con la coperta già corta, tanto sono scarse le risorse da destinare nella manovra a misure espansive o di contenimento del carovita. Ma il lenzuolo potrebbe ridursi a fazzoletto se il Patto tornasse al format originale che impone l’abbattimento, ogni 12 mesi, di un ventesimo del debito che eccede il 60% del Pil. In soldoni, trattasi di oltre 50 miliardi l’anno: una cifra impossibile da reperire anche vendendo a peso d’oro la fontana di Trevi, il Canal Grande e il versante tricolore del Monte Bianco.
Anche perché sulla quadra di bilancio peserà sia il deterioramento della congiuntura (l’Ocse ha reso noto ieri che il Pil italiano si è contratto dello 0,3% nel secondo trimestre), sia i rialzi dei tassi decisi dalla Bce. Alcune stime collocano fra 2-2,4 miliardi di euro la maggior spesa annuale per interessi per ogni mezzo punto di inasprimento da parte dell’Eurotower. L’opera indefessa di Christine Lagarde, che dal luglio ’22 ha fatto salire di 425 punti base il costo del denaro, ci sarebbe insomma costata 17 miliardi.
Un motivo in più per il governo Meloni di puntare, attraverso la proposta del ministro del Tesoro Giancarlo Giorgetti, a una rivisitazione soft del Patto. Spalleggiata da Francia e Spagna, Roma chiede l’introduzione di una «regola d’oro» tale da consentire di non calcolare nel computo del deficit gli investimenti sostenuti per la transizione ecologica, il digitale e la difesa.
La Germania non solo non vuole saperne di diluizioni del disavanzo, ma si è anche opposta alla proposta della Commissione Ue guidata da Ursula von der Leyen che prevede un taglio annuo del deficit di almeno lo 0,5% del Pil e l’estensione a sette anni del piano di rientro dal debito in caso di investimenti strategici.
Il ministro tedesco delle Finanze, Christian Lindner, pretende invece un abbattimento dell’1% del debito rispetto al Pil. Berlino potrebbe però ammorbidire la propria posizione se ottenesse in cambio qualcosa sul fronte degli aiuti di Stato, necessari per aiutare i settori in crisi come l’edilizia. In una recente intervista, l’ex premier Mario Monti ha detto che «la Germania non cederà» nonostante sia in recessione. Più che un’affermazione, forse un auspicio.