Il ministro dell'Economia Giovanni Tria in commissione Finanze del Senato durante le comunicazioni sulle linee programmatiche del ministero, Roma, 17 luglio 2018. ANSA/GIUSEPPE LAMI

Manovra verso 28-30 miliardi, Lega ed M5s puntano a 8 a testa

La prima manovra del governo Lega-M5S potrebbe arrivare a valere circa 28-30 miliardi, dei quali 12,4 necessari per sminare le clausole sull’Iva e altri 16 miliardi (non i 10 circolati nelle scorse settimane) per l’attuazione delle misure chiave per i due partiti di maggioranza.

Secondo quanto riferito da fonti al lavoro sul dossier, con la sua dote da 8 miliardi la Lega punterebbe a finanziare il pacchetto fisco (senza intervento sull’Irpef) e le pensioni, il M5S l’avvio del reddito di cittadinanza, compresa la pensione di cittadinanza.

I leghisti, secondo quanto viene riferito, punterebbero a dedicare la loro dote quasi interamente alle pensioni, visto che le risorse per il pacchetto fisco verranno in gran parte dalla rimodulazione di incentivi esistenti alle imprese. E’ ancora in corso la stima delle risorse necessarie per introdurre ‘quota 100’ con 62 anni di età, accompagnata da quota 41 e mezzo di contributi senza limiti anagrafici, e molto dipenderà dai paletti che saranno (o meno) introdotti – ad esempio se nel calcolo si potranno comprendere o meno, e in quale entità, gli eventuali anni di contributi figurativi.

Lo staff della Lega che è al lavoro su questo capitolo della manovra avrebbe individuato, per le coperture, almeno 2,4 miliardi recuperabili nel sistema previdenziale, attraverso meccanismi che vengono definiti “accorgimenti tecnici”. Sull’altro fronte, quello del reddito di cittadinanza, sono al lavoro invece i 5 Stelle che dovrebbero concentrare su questa misura simbolo tutti gli 8 miliardi a disposizione (cifra molto vicina ai 10 richiesti nelle ultime settimane).

Il nuovo aiuto contro la povertà, come ha spiegato il viceministro all’Economia Laura Castelli in una intervista, partirà da un lato con le pensioni di cittadinanza, le minime da portare a 780 euro. Anche in questo caso si sta ancora studiando la platea di riferimento, e quindi i costi. Il reddito vero e proprio sarebbe invece anticipato dalla riforma dei centri per l’impiego (si punta all’utilizzo dei fondi europei) che impegnerà i primi “3-4 mesi” dell’anno. Il nuovo strumento potrebbe quindi diventare operativo già a maggio e potrebbe contare intanto sulle risorse residue del Rei, il reddito di inclusione introdotto dai governi Renzi-Gentiloni, che per il 2019 ha già a disposizione quasi 2,6 miliardi.

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