E’ passato già un anno da quel giorno maledetto eppure non sembra, perché i video e le immagini e tutto quello che è successo nei giorni seguenti appaiono davvero vicini nel tempo. Il 23 ottobre di un anno fa Marco Simoncelli perdeva la vita nel Gran Premio della Malesia. Un incidente assurdo e violento allo stesso tempo. Assurdo perché il pilota romagnolo, alla curva 11 del circuito, ha perso il controllo della sua Honda che invece di slittare fuori pista è tornata in traiettoria. Violento perché proprio l’essere tornato in traiettoria lo ha portato davanti alle moto di Colin Edwards e Valentino Rossi che non hanno avuto il tempo di sterzare e lo hanno preso in pieno mentre Marco stava scivolando col corpo sull’asfalto. Violento perché l’impatto gli fa perdere il casco che rotola via mentre le immagini della tv già fanno pensare al peggio. Simoncelli rimane immobile sulla pista e il successivo trasporto in ospedale serve solo per la conferma: il pilota è morto sul colpo. Gara sospesa, poi sono solo le immagini a parlare. Papà Paolo che piange il figlio, il team Honda di Fausto Gresini attonito, i volti degli altri piloti persi nel vuoto appena saputa la notizia.
In Italia è mattina ma lo shock dell’incidente non lascia estraneo nessuno, nemmeno coloro che le gare di moto non le hanno mai seguite. I social network in poche ore si riempiono di messaggi e ultimi saluti a Simoncelli e sono tanti, tantissimi. Forse nemmeno il Sic (come si faceva chiamare) pensava di essere così seguito e amato. Marco era un “pilota – guerriero” che non faceva sconti a nessuno, gli piaceva correre e anche azzardare manovre impossibili. Un pò come Valentino Rossi, suo grande amico, che in sella a Honda e Yamaha era dedito a sorpassi spettacolari. Probabilmente anche questa qualità, quella di essere un pò spericolato in pista, lo ha fatto entrare nel cuore degli appassionati e non solo. Simoncelli era un ragazzo simpatico, a volte faceva ridire solo il sentirlo parlare col suo accento romagnolo. Coraggioso e vincente, aveva un unico neo, quello di essere troppo alto per le corse in moto e infatti doveva faticare il doppio degli altri per gestire i suoi movimenti in sella. Ebbe difficoltà in 125, poi in 250 riuscì a conquistare il Mondiale nel 2008, proprio a Sepang. Quel giorno tutti i collaboratori del suo team festeggiarono il loro campione con una parrucca ricciolosa, quei riccioli che ricordavano la chioma del Sic.
In Moto Gp riuscì ad approdare in Honda, nel team Gresini. Nel 2011 divenne protagonista di cadute rovinose, ma anche di sorpassi al limite, polemiche coi rivali e soprattutto prestazioni positive (arrivarono i primi podi). Tutti episodi che in un certo senso lo consacrarono come il miglior pilota italiano del momento. Anche perché Rossi in Ducati non andava bene e Dovizioso non era spettacolare come il Sic. L’incidente in Malesia ha stroncato probabilmente una carriera di sicuro avvenire.
Simoncelli amava il rumore delle moto e papà Paolo ottenne che al posto del minuto di silenzio, nel successivo Gp della Comunità Valenciana, ci fosse “un minuto di casino”. E così fu: tutte le moto di tutte le categorie sfrecciarono sul circuito di Valencia prima delle gare in memoria di Marco capitanate da Kevin Schwantz, ex pilota e idolo del Sic. Un episodio senza precedenti, un’emozione unica e un momento che è rimasto nel mondo delle Moto e dello Sport.
Pochi giorni fa il Gran Premio della Malesia 2012 è stato preceduto da una processione di piloti e meccanici lungo la pista di Sepang. Fausto Gresini ha infine fissato, in ricordo del Sic, una targa alla curva 11. Quella curva dove Marco perse la vita e dove cercò disperatamente di rimanere in sella alla sua moto, fino all’ultimo.
Nella trasmissione “Sfide” di una settimana fa papà Paolo, ricordando il giro d’onore che Marco fece quando vinse il Mondiale 250 nel 2008, ha detto “di quel giro d’onore ci sono delle foto bellissime in cui lui sembra un angelo.” Ci piace pensare che Marco Simoncelli sia lassù, da qualche parte, a sfrecciare nel cielo azzurro con la sua moto.
Giulio Cipollitti