Marco Travaglio è stato condannato insieme al giornale da lui diretto, ‘Il Fatto Quotidiano‘, a un risarcimento di oltre 80 mila euro per diffamazione nei confronti di Matteo Renzi. A dare la notizia è stato lo stesso leader di Italia Viva che ha così dichiarato chiuso uno dei contenziosi aperti con il giornalista.
L’ex presidente del Consiglio aveva sporto querela nei confronti del Fatto per una serie di contenuti pubblicati tra il luglio 2018 e il giugno 2020 quasi tutti a firma di Travaglio, eccetto due rispettivamente di Carlo Tecce e Wanda Marra. La sentenza parla chiarissimo.
L’annuncio di Renzi
“Stamani Marco Travaglio e Il Fatto Quotidiano sono stati condannati a risarcirmi ottantamila euro più le spese e gli interessi – ha scritto l’ex premier – per avermi ripetutamente diffamato. Per anni ho subito in silenzio, sbagliando. La condanna di oggi azzera le sofferenze per il passato ma pone una domanda agli addetti ai lavori della comunicazione: come può un diffamatore seriale che ha una collezione record di condanne continuare a fare la morale agli altri tutti i giorni in TV? Mistero.”
“Intanto un pensiero alla mia famiglia che ha dovuto subire il peso di tutte le infamie e a tutti gli amici che non ci hanno mai abbandonato” ha concluso Renzi.
La sentenza
Il verdetto del giudice del tribunale di Firenze Massimo Donnarumma si basa su 51 articoli a firma quasi esclusivamente di Marco Travaglio ritenuti diffamanti e lesivi della reputazione di Matteo Renzi. Si tratta dell’esito di una delle battaglie legali intraprese dal leader di Italia Viva che ha più volte trascinato Travaglio in tribunale.
Come si legge nella sentenza riportata da ‘Il Riformista’, di cui l’ex premier è direttore editoriale, “alla luce delle modalità stesse dell’illecito (ripetizione delle condotte ed univocità delle stesse), possa ravvisarsi in capo al direttore responsabile Marco Travaglio la sussistenza dell’elemento dolo, che sotto il profilo soggettivo va a connotare l’offesa all’onore ed all’identità personale di Matteo Renzi.”
Alla luce delle modalità stesse dell’illecito, il giudice ha ravvisato “in capo al direttore responsabile Marco Travaglio la sussistenza dell’elemento dolo, che sotto il profilo soggettivo va a connotare l’offesa all’onore ed all’identità personale di Matteo Renzi”. E ancora: “Può ritenersi provata la perpetrazione di una campagna diffamatoria contro Matteo Renzi da parte de Il Fatto Quotidiano”. Nel dispositivo si parla espressamente di un “ricorso costante ad epiteti ed appellativi offensivi riferiti all’attore, quali ‘Bullo’, ‘Ducetto’, ‘Cazzaro’, ‘Mollusco’, ‘Disperato’, ‘Caso umano’, ‘Mitomane’, ‘Stalker’, ‘Cozza’, ‘Criminale'”. Sarà poi il primo termine a essere considerato un “nomignolo dispregiativo sovrapposto all’immagine ed all’identità di Matteo Renzi”, in quanto “veicola nella pubblica opinione le connotazioni negative dell’arroganza, della prepotenza e della spavalderia”.
Per quanto riguarda la campagna di stampa nel corso degli anni, il Tribunale di Firenze la ritiene “diffamatoria”, poiché “la grande mole di articoli e prime pagine in cui il suo nome viene accostato ad indagini, inchieste e a fatti illeciti relativi alle cinque vicende giudiziarie […], considerati complessivamente, esprimono una preordinazione complessiva a denigrare la persona di Matteo Renzi e non già a criticare la sua attività di politico”. Tutto questo perché “attraverso le titolazioni, gli accostamenti ambigui e le immagini si induce il lettore a ritenere che vi sia comunque un coinvolgimento” di Matteo Renzi.
“Può ritenersi provata la perpetrazione di una campagna diffamatoria contro Matteo Renzi da parte de Il Fatto Quotidiano – scrive ancora il giudice – poiché la grande mole di articoli e prime pagine in cui il suo nome viene accostato ad indagini, inchieste e a fatti illeciti relativi alle cinque vicende giudiziarie sopra menzionate, considerati complessivamente, esprimono una preordinazione complessiva a denigrare la persona di Matteo Renzi e non già a criticare la sua attività di politico”.
La condanna
Nelle disposizioni il giudice Donnarumma accoglie la “domanda risarcitoria e, per l’effetto, condanna i convenuti Marco Travaglio e la Società editoriale il Fatto S.p.A. in solido tra loro, al pagamento in favore dell’attore della complessiva somma di 80.000,00“.
Il direttore de ‘Il Fatto Quotidiano’ e la società editoriale sono stati condannati, inoltre, “in solido ed a loro cura e spese, alla pubblicazione del dispositivo della presente sentenza, per una sola volta, su ‘Il Corriere della Sera’, ‘La Repubblica’ e ‘La Stampa’, a caratteri doppi rispetto a quelli normali, e, per una sola volta ma per almeno tre giorni, sul periodico cartaceo ‘Il Fatto Quotidiano’ e sul periodico digitale ‘Il Fatto Quotidiano.it’, entro il termine di 60 giorni dalla pubblicazione della presente sentenza”.