Marco Travaglio sul ‘vittimismo’ dell’ottantenne Bruno Vespa che, ‘non era di sinistra’, e non ha avuto ‘carriera agevole’

‘Non lo si può chiamare rimpianto perché mi è andata benissimo. Ma sono convinto che, se fossi stato di sinistra, la mia carriera sarebbe stata più agevole. Per esempio, non avrebbero ridimensionato o cercato di chiudere ‘Porta a Porta’.  Bruno Vespa, che lunedì festeggia ottant’anni, in una lunga intervista al “Corriere” nega qualsiasi ipotesi di ritiro dalla scena tv. “Il giornalismo si fa con la testa, che ancora funziona bene. Il ritiro lo deciderà il mio editore di riferimento: il Padreterno”.

Col ‘Corriere della Sera’ il giornalista ripercorre passaggi della sua vita professionale e privata.

Se non è di sinistra, allora è di destra? chiede Tommaso Labate che firma l’intervista: “Sono un moderato – risponde Vespa -. E se mi chiede che cosa s’intende per moderato le rispondo che sono decenni che mio figlio Alessandro ogni volta mi chiede per chi ho votato. Non l’ha mai scoperto”.

Dicono di lei che è il consulente occulto di Giorgia Meloni per la comunicazione, chiede il giornalista. “È ridicolo anche solo pensarlo. Nella Prima repubblica, al contrario di tantissimi altri colleghi, non ho mai partecipato a riunioni politiche e mai incontrato in privato un solo esponente politico. Tranne una volta, Giulio Andreotti. Volevano impormi al Tg1 la nomina di una caporedattrice di scarso valore dicendo che la voleva il presidente del Consiglio. Andai a Palazzo Chigi per chiedergli se era vero, Andreotti non ne sapeva nulla”.

Lei viene da una famiglia democristiana? “I miei genitori votavano per la Dc”. Che lavoro facevano? “Papà rappresentante di medicinali, mamma maestra elementare. Si sposarono il 24 luglio 1943. Con gran tempismo, direi”. Il giorno prima della destituzione di Mussolini. “Il viaggio di nozze durò un giorno, il tempo di andare e tornare da Rivisondoli. L’albergo era stato bombardato”. La detenzione di Mussolini a Campo Imperatore alimenta ancora oggi la storia secondo cui lei è figlio del Duce: “Non tornano i conti – risponde Vespa – . Mia madre andò a insegnare ad Assergi, ultimo paese prima della funivia per Campo Imperatore, dove avevano mandato Mussolini, solo nel 1949. Quando ‘papà’ (sorride, ndr ) era già morto da qualche anno”. Non sembra infastidito dalla diceria. “Non lo sono. Anzi, mi fa sorridere. A mio fratello Stefano, invece, questa cosa lo faceva imbestialire”. Dove e come nasce questa storia? “Dove non saprei. Come boh, forse perché somiglio un po’ a Mussolini”.

Marco Travaglio, direttore del Fatto Quotidiano va all’attacco del conduttore di Porta a Porta accusandolo di vittimismo per quanto detto su Rai e politica, sulla carriera “più agevole” se fosse stato di sinistra.

Il riferimento è alla recente intervista di Bruno Vespa, che compirà 80 anni lunedì 27 maggio, al Corriere della Sera, pubblicata il 24 maggio.

Tra i vari passaggi dell’intervista il giornalista e storico conduttore di Porta a Porta ha dichiarato di essere “un moderato” e che “se fossi stato di sinistra, la mia carriera sarebbe stata più agevole“.

Parole che non sono passate inosservate. E che hanno suscitato la reazione di Marco Travaglio, che in un editoriale dell’edizione cartacea del Fatto Quotidiano del 24 maggio lancia un duro attacco a Vespa.

Travaglio accusa il giornalista di vittimismo e usa l’arma dell’ironia, parlando di una “straziante” intervista in cui Vespa racconta le “atroci persecuzioni politiche” subite nei suoi primi 62 anni in Rai.

“Essendo un democristiano entrato in Rai nel 1962 e andato in onda ogni giorno da allora a oggi, è facile immaginare le angherie che subì dalla Rai democristiana”, scrive il direttore del Fatto Quotidiano.

Nel suo editoriale Travaglio ripercorre brevemente la carriera di Bruno Vespa in Rai, che ha attraversato tutte le varie fasi politiche che si sono succedute, dal dominio della Dc a oggi.

Dalla conduzione del Tg1, principale giornale di casa Rai, nel periodo democristiano alla conduzione di Porta a Porta, che parte negli anni dell’Ulivo.

Poi l’era di Berlusconi, con Travaglio che ricorda il celebre episodio del “contratto con gli italiani” andato in scena nel salotto di Rai1, fino all’attuale governo Meloni, durante il quale Vespa ha ottenuto altre cinque serate settimanali con il nuovo programma 5 minuti.

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