In tema di PATRIMONIO IMMATERIALE, al Ministero della cultura regna una certa confusione: basti segnalare il decreto n. 73 del 24 febbraio scorso, con cui il ministro Franceschini si è inventato una incomprensibile partita di giro per affidare all’Istituto centrale per il Patrimonio Immateriale (ICPI) il compito di erogare il surplus di risorse concesse al Fondo Unico per lo Spettacolo (FUS) per il 2022 con D.M. 430 del 2 dicembre 2021. Risorse ed interventi per oltre 22 milioni di euro sono finalizzati “ad assicurare nelle aree periferiche delle città metropolitane progetti di inclusione sociale, di riequilibrio territoriale e di tutela occupazionale, nonché a valorizzare il patrimonio culturale materiale e immateriale attraverso le arti performative”. Insomma, si finanzia di tutto di più sotto l’egida di un aggettivo – immateriale – usato come se fosse privo di senso proprio e potesse adattarsi a qualsiasi ipotesi. L’Accordo MiC-Città metropolitane lo firma comunque la Direzione generale Spettacolo, ed è sempre quella a decidere circa le erogazioni poi disposte dall’ICPI. Chi se ne avvantaggia? Qual è la logica sottesa all’utilizzo di questi vasi comunicanti? Più in generale, si ha l’impressione che pur di non finanziare la conservazione e la messa in valore, in senso culturale, delle centinaia di edifici pubblici per spettacoli esistenti ma dismessi per le più diverse ragioni (come ha evidenziato anche un servizio trasmesso recentemente dalla trasmissione Report), al Collegio Romano si preferisca elargire milioni, con modalità ambigue, ai vincitori di bandi pubblici predisposti dai Comuni e rivolti a professionisti del settore delle arti performative purché allestiscano i loro spettacoli nelle periferie delle città metropolitane. Sarebbe una scelta ragionevole e condivisibile se si operasse contestualmente su entrambi i fronti, invece di lasciare andare in rovina gli edifici storici dello Stato e degli Enti locali, neppure censiti adeguatamente, millantando una carenza di risorse che in realtà è il risultato, patente, di un diniego politico assai più che della situazione finanziaria del Paese.
Margherita Corrado (Senato, Gruppo Misto – Commissione Cultura)