Mario Martone: ‘Sofia Loren: l’attrice che ha voluto, fortissimamente, essere la più grande’

Qualche giorno fa, cercando una certa cosa, ho aperto i faldoni che contengono i materiali di Morte di un matematico napoletano e mi sono imbattuto in una lettera di Sophia Loren: “Agli studenti di cinema, ai giovani registi”. Una lettera di suo pugno, come oggi non usa più. Era il 1982, l’occasione era il N.I.C.E., una rassegna di film italiani a New York di cui Sophia Loren avrebbe dovuto essere la madrina. Qualcosa all’ultimo momento le aveva impedito di lasciare l’Italia e così ci scrisse. Quando ho visto la lettera ho pensato: peccato, avevo perso l’occasione per conoscerla di persona, ma poi mi sono detto che forse ne avevo anche guadagnato qualcosa, perché lasciare i miti nel loro orizzonte leggendario e inavvicinabile è spesso la cosa più giusta da fare. E Sophia Loren è innanzitutto un mito.

Da napoletano, sin da ragazzo le tracce di questa semidivinità mi sono apparse chiare, ed è impressionante come lo siano tutt’ora, anche semplicemente camminando per le strade di Napoli. Fotografie, scritte, insegne di ristoranti a lei dedicate, nel politeismo partenopeo quella di Sophia è un’immagine tra le principali, insieme a Totò, Eduardo, Peppino, Maradona, Massimo Troisi e Pino Daniele. Percorrendo i vicoli nei pressi della Pignasecca ci si imbatte in una porticina accanto alla quale c’è una lapide: “Qui nacque e visse Filumena Marturano” e sotto, dipinto sul muro, c’è il volto in bianco e nero di Sofia.

Filumena, un personaggio di invenzione interpretato dalle più grandi attrici napoletane, si incarna nella realtà attraverso il volto di una sola di loro, che a sua volta si astrae dalla realtà perché è una semidea. In quante altre città può accadere qualcosa del genere? Per chiunque a Napoli imbattersi in quella lapide suona naturale.

Dunque, non averla incontrata di persona può anche essere stata una fortuna, qualcosa che ha protetto l’aura del mito. Ma poi c’è il finale della lettera: «Siate ambiziosi nei vostri progetti ma aperti agli insegnamenti, soprattutto, siate determinati sino all’ostinazione». L’altro lato della medaglia del mito. La donna. L’attrice che ha voluto, fortissimamente voluto, essere grande, la più grande, contro tutto e contro tutti, anche contro la sua stessa incredibile bellezza, che avrebbe potuto bastare ma che non le è bastata mai, ostinatamente alla ricerca della profondità dell’animo, quella raggiunta in modo straziante nel film con cui ha strameritato l’Oscar, La ciociara di Vittorio De Sica.

Oggi la osservo da lontano, continuando a dibattermi tra il dispiacere di non averla conosciuta e la gioia di contemplarla nel mito. Appare e scompare. Ora sorride luminosa, ora un’ombra le attraversa il bel volto: tutte le sfumature dell’umano, tutto il brillio di una sirena.

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