Tensione alle stelle nel Pd dopo la presa di posizione di ieri di Matteo Renzi a ‘Che tempo che fa’. Il segretario reggente, Maurizio Martina va all’attacco: ‘Ritengo ciò che è accaduto in queste ore grave, nel metodo e nel merito. Così un partito rischia solo l’estinzione e un distacco sempre più marcato con i cittadini e la società. Servirà una discussione franca e senza equivoci perché è impossibile guidare un partito in queste condizioni e per quanto mi riguarda la collegialità è sempre un valore, non un problema’, aggiunge escludendo comunque con l’Ansa sue dimissioni.
In queste ore, afferma Martina, stiamo vivendo una situazione politica generale di estrema delicatezza. Per il rispetto che ho della comunità del Partito Democratico porterò il mio punto di vista alla Direzione Nazionale di giovedì che evidentemente ha già un altro ordine del giorno rispetto alle ragioni della sua convocazione. Servirà una discussione franca e senza equivoci perché è impossibile guidare un partito in queste condizioni e per quanto mi riguarda la collegialità è sempre un valore, non un problema. Ritengo ciò che è accaduto in queste ore grave nel metodo e nel merito. Così un Partito rischia solo l’estinzione e un distacco sempre più marcato con i cittadini e la società; si smarrisce l’impegno per il cambiamento e non si aiuta il Paese. Per questo continuo a pensare che il Pd abbia innanzitutto bisogno di una vera ripartenza su basi nuove.
All’attacco anche il ministro per i Beni Culturali Dario Franceschini che critica la chiusura di Renzi: ‘E’ arrivato nel Pd il tempo di fare chiarezza. Dalle sue dimissioni Renzi si è trasformato in un Signornò, disertando ogni discussione collegiale e smontando quello che il suo partito stava cercando di costruire. Un vero leader rispetta una comunità anche quando non la guida più’.
La dura presa di posizione di Martina, favorevole a un confronto programmatico con il M5s per verificare gli spazi di un’intesa. Doveva essere la direzione dem di giovedì il luogo nel quale discutere e votare la posizione ufficiale del Pd sull’ipotesi di un governo M5s. L’uscita di Renzi, che ancora ha la maggioranza in Direzione, sembra invece depotenziare il dibattito.
All’attacco di Renzi anche il leader di SinistraDem Gianni Cuperlo. Intervistato a Radio Capital, ha fatto presente che ‘Renzi, come senatore, ha diritto di esprimere la sua opinione. Ma dopo risultato disastroso del 4 marzo non è stata fatta una discussione, si sarebbe dovuta convocare la Direzione tre o quattro volte e discutere insieme e invece si è rimosso tutto. Vedendo ieri Renzi sono rimasto dispiaciuto, quella discussione andava fatta in Direzione, invece commentiamo una intervista attesa come una partita di calcio, ma così un partito si spegne’. Renzi, ha attaccato Francesco Boccia, ‘è fermo al 4 dicembre del 2016. Facciamo decidere al partito, altrimenti i deputati sembrano soldatini’.
L’ex leader non sembra curarsene: ‘Se Martina vuol sedersi a fare un confronto in streaming con Di Maio faccia pure, ma l’unico governo che i Dem potrebbero sostenere, afferma, è uno in cui M5s e Lega si facciano promotori di una stagione costituente per tornare al voto tra un anno o due’. La proposta di Renzi non riguarda certo la riproposizione della riforma bocciata dagli italiani con il referendum del 4 dicembre, che comprendeva anche la riscrittura del Titolo V, ma si limita, come anticipato dal ‘Sole 24 Ore’, al superamento dell’anomalia del bicameralismo paritario lasciando ai due partiti ‘vincitori’ l’onore e l’onere di una proposta alla quale il Pd darebbe il suo appoggio con l’obiettivo di ridisegnare il campo di gioco comune.
In attesa delle decisioni del Capo dello Stato, che potrebbe a questo punto archiviare i tentativi politici e passare direttamente alla proposta di un governo di transizione o istituzionale che dir si voglia, la mossa di Renzi ha soprattutto dei riflessi interni: la sua netta chiusura alla possibilità di un governo politico con il M5s è un dato di fatto di cui anche i suoi oppositori devono prendere atto, perché se non altro per una questione di numeri tutti nel Pd sono convinti che tale governo senza l’ok di Renzi, e dei suoi parlamentari, non può partire. Mentre la proposta di una legislatura costituente per tornare ad essere alternativi dopo le prossime elezioni ha tutte le basi per compattare il partito attorno a una strategia: non a caso Franceschini in un’intervista al ‘Corriere della sera’ del 14 marzo scorso ha fatto la stessa proposta.
Il ritorno in campo dell’ex segretario a tre giorni dalla prevista direzione svuota la discussione che la direzione era chiamata ad affrontare e indebolisce la posizione del segretario reggente Maurizio Martina, che quella trattativa vorrebbe avviare anche per rafforzare la sua alternatività a Renzi in vista dell’assemblea nazionale che dovrà deciderne la successione.