Partiamo dalle parole del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, parole che hanno fatto il giro del mondo: ‘Ho accolto la proposta per l’incarico di presidente del Consiglio, superando ogni perplessità sulla circostanza che un governo politico fosse guidato da un presidente non eletto in Parlamento e ne ho accompagnato, con piena attenzione, anche il lavoro per formare il governo. Ma il capo dello Stato non può subire imposizioni. Ho chiesto per il ministero dell’Economia l’indicazione di un autorevole esponente politico della maggioranza, coerente con il programma. Che non sia visto come sostenitore di una linea più volte manifestata che potrebbe provocare l’uscita dell’Italia dall’euro’. Queste le preoccupazioni del Capo dello Stato. Il suo è un ruolo costituzionale di garante: garante degli interessi della Repubblica. La sua mossa è stata certamente controversa, criticabile dal punto di vista politico, ma forzate mi sembrano le varie accuse di ‘alto tradimento’ e di ‘colpo di stato’ formulate in queste ore in maniera strumentale e semplificatoria.
Siamo sicuri che la decisione di Mattarella sarà efficace per il sua proposito ultimo e implicito, accennato più sopra, cioè quello di salvaguardare gli interessi del Paese? Certo, si dirà: il Capo dello Stato vuole evitarci un tracollo finanziario, una nuova retrocessione dell’economia, un ulteriore commissariamento e il ripresentarsi dei neri scenari da cui siamo faticosamente scampati dopo la crisi del 2008. Ma siamo certi che il ‘no’ a Paolo Savona, il temutissimo economista ‘anti-euro’, sortirà proprio questo effetto?.
Siamo certi che il ‘populismo’ il nostro vero e unico nemico? È la malattia, o il sintomo?
Lo ammetto: questa è la domanda delle domande.
Rispondere a tale quesito significa prendere una posizione definitiva sull’euro e sull’attuale modello economico. Siamo sicuri che il populismo sia la malattia che dobbiamo combattere, e non, piuttosto, il sintomo della malattia? E soprattutto, siamo certi che sia possibile e necessario neutralizzarlo, senza, prima, riflettere approfonditamente sulle sue cause e sulla sua origine, abbandonandoci all’allarmismo apocalittico, trasfigurandolo nel demonio in persona.
Un coprirsi gli occhi di fronte a qualcosa che esiste, davanti e prima del populismo, che esiste da anni e che per troppo tempo è stato ignorato. Qualcosa che assomiglia a un progressivo e inesorabile scollamento della politica e degli attuali modelli economici dagli interessi dei cittadini. Qualcosa che non avrebbe potuto far altro, prima o poi, che scatenare la rabbia generale, la rabbia cieca, a volte, quella che rischia di buttare il bambino con l’acqua sporca.
Lo abbiamo visto accadere in America, lo abbiamo visto in Europa. Intere fette di popolazioni che si sono sentite escluse per troppo tempo dall’attenzione dell’establishment politico-economica, e che si sono mostrate ricettive alla narrazione – certo, spesso semplificatoria, spesso forviante, spesso retrograda – dei cosiddetti ‘populisti’.
Se questa narrazione ha potuto prendere piede, non sarà anche perché è stato lasciato vuoto uno spazio enorme, anzi una voragine, che i nuovi arrivati si sono affrettati a riempire? Non sarà anche perché i partiti socialisti, che in teoria avrebbero dovuto difendere le classi più in difficoltà e i lavoratori, si sono di fatto scordati di loro? Non sarà anche perché il verbo della finanza ha finito per erodere ogni diritto umano? Perché il welfare è sempre più un privilegio inaccessibile ai più? Non sarà perché al centro di tutto non ci sono gli interessi di molti, ma quelli di pochi, e perché qualcuno si è industriato perché ciò avvenisse?
Veniamo ora all’Europa, argomento su cui si è consumata – di fatto – la frattura politica di oggi. L’Europa di oggi è davvero quella sognata dai padri fondatori? Salvaguardando lo status quo, si potrà mai cambiarla?. Un’Europa fondata sulle regole, sì, ma anche sulle responsabilità condivise e sulla solidarietà? O è una sua brutta copia, che per troppo tempo ha sacrificato l’uomo, il cittadino sull’altare dei conti pubblici e degli interessi di pochi, e che, di fronte alla crisi migratoria – una crisi che riguarda tutti, e che tutti dovrebbero gestire – erge muri e fili spinati? Siamo insomma certi che l’unica alternativa alle soluzioni facili propugnate dai populisti sia la difesa dello status quo?.
Il liquidare come populisti pericolosi tutti coloro che non si riconoscono nell’Europa così come oggi è concepita non salverà l’Europa. Ho il dubbio che rifiutare in toto istanze così diffuse e così sentite non farà altro che rafforzarle. Ho il dubbio che l’aver detto ‘no’ a Savona per le critiche, anche forse legittime, da lui avanzate sulla moneta unica non farà che irrobustire i messaggi diretti alla ‘pancia’ degli italiani. E darà ulteriore credito a chi sostiene che siamo ‘telecomandati’ da Bruxelles.