Ha la sua rivincita Matteo Renzi con i “profeti della sventura” che già additavano l’Italia come il problema dell’Europa, e che devono fare i conti con i dati che certificano una frenata dell’intera Eurozona, locomotiva tedesca inclusa. E con il fallimento della ricetta rigorista che propone come risposta alla crisi una manovra per abbassare i salari. La sensazione che il nostro Paese fosse il problema deriva dal fatto che l’Istat ha presentato i dati in anticipo rispetto agli altri paesi, ma dati più completi dicono che anche la Germania registra nel secondo trimestre una flessione del Pil dello 0,2%, come l’Italia. E’ la prova che “uno ‘zero virgola’ non fa la differenza”, sbotta Renzi, “e la smettano di dire che l’Italia sarà salvata dall’Europa. L’Italia dà all’Europa molto più di quello che l’Europa dà all’Italia che non solo non ha bisogno di essere salvata ma è nelle condizioni, facendo le riforme, di essere guida in Europa e trascinarla fuori dalla crisi”. Il premier spiega che si deve investire su riforme strutturali che puntino sul capitale umano e l’innovazione, con un’assunzione di responsabilità dell’intera società italiana ed un rifiuto netto della cultura della rassegnazione. A partire dal Sud, dove il premier trascorre la vigilia di ferragosto: Napoli, Reggio Calabria, Gela e Termini Imerese sono capitali della crisi e perciò snodi cruciali della sfida della ripartenza. L’assedio dei dati economici negativi, la recessione e lo spettro della Troika sono motivo di un cambio in corsa dell’agenda di governo con primo step operativo che partirà dal Consiglio dei ministri del 29 agosto prossimo. La ricetta sulla quale puntare sarà di rimboccarsi le maniche e iniziare a spendere tutti i fondi europei assegnati, sbloccare le infrastrutture con lo Sblocca Italia e fare in contemporanea le altre riforme messe in cantiere dal governo. Viene poi di fatto esclusa una manovra correttiva a settembre, e si prevede una Legge di Stabilità più leggera per il prossimo anno. La parola d’ordine sarà “flessibilità” per stringere un patto tra Roma e Bruxelles, visto che la crisi economica sta investendo tutti i partner europei. La linea del “rigore”, in pratica, non sarà più percorribile. “Non siamo i soli ad andare male, tutta l’Europa è in recessione. Il problema non è solo nostro, ma è di tutti”, sigla il premier. Sul tavolo del negoziato tra il governo italiano e la Commissione europea, non ancora nuovamente insediata, non c’è l’ipotesi di avviare una procedura d’infrazione. Le strade per raggiungere il pareggio di bilancio tra un rapporto debito/Pil appare di fatto irraggiungibile per alcuni paesi, come ad esempio la Francia che supererà la soglia del 3% arrivando probabilmente al 4%. Naturalmente la parola “flessibilità” dovrà essere accompagnata da segnali concreti in termini di riforme economiche. Riforme che aprioristicamente dovranno precedere la legge di Stabilità. Quindi, tagli di spesa, marcato del lavoro, competitività delle imprese e capacità di attrarre investimenti. Ovvero, riforme in cambio di “flessibilità”. Il 30 agosto Renzi parlerà di questo, nella sua veste di presidente pro tempore del Consiglio europeo, con i rappresentanti degli altri Stati nazionali, nei quali risiede il potere di governare l’Ue.
Cocis