Roma – Uno spettacolo più che un incontro politico all’Auditorium della Conciliazione capitolino. Showman d’eccezione, il fiorentino Renzi sembra quasi abbia il dono dell’ubiquità. Oltre mille spettatori dal vivo e in contemporanea via tv altri milioni di ascoltatori dal salotto di casa Vespa. Regge il paragone a Berlusconi, non solo per le idee (non si diceva del cavaliere “santo subito”?). Simpatia, verve, freschezza, utilizza il linguaggio dei film, sembra quasi un fiore, anzi un Fiorello. Dinamiche insolite in casa PD. E la platea pende dalle sue labbra, interviene, interagisce.
Matteo Renzi ha le idee chiare sulla sua Italia. Parla di ritorno al principio di sussidiarietà, di riforma fiscale, di giustizia sociale ispirandosi a don Lorenzo Milani. Più merito a favore dei giovani, denunciando l’aumento delle cattedre universitarie più che delle lauree. Parla di Europa e dell’esperienza Monti che “ha restituito prestigio e credibilità all’Italia, ma dopo Borghezio e Calderoli anche il “pulcino Pio” ci sarebbe riuscito” e prosegue “il governo Monti però è senz’anima, senza una visione che vada oltre il giorno dopo “. Nella giornata delle dimissioni della Polverini, altro tema il finanziamento pubblico ai partiti, da abolire s’intende. E a proposito di elezioni, non risparmia i suoi antagonisti. “Se io non prendo i voti di chi l’altra volta ha votato il centrodestra, le elezioni si perdono. Se perdo le primarie resto nel PD. E’ ora di finirla con l’abitudine che chi perde la partita si crea il suo partitino”. Una battaglia leale quella promessa da Renzi, fino all’ultimo voto. “Chi vince le primarie impone il programma. Gli altri danno una mano”.
Sabrina Iadarola