Umberto Bossi durante il ricevimento a Villa Taverna per il Giorno dell'Indipendenza degli Stati Uniti d'America, Roma, 5 luglio 2018. ANSA/RICCARDO ANTIMIANI

Matteo Salvini e la desiderata, ma impossibile, espulsione di ‘Mister Lega’, il Senatur

Quella di Umberto Bossi è stata una figura molto importante della scena politica degli anni Novanta e inizio Duemila. Nel corso della sua carriera è stato deputato, incarico che ricoprire ancora oggi, parlamentare europeo e ministro.

Suo il merito d’aver creato quello che oggi è uno dei partiti di maggior peso a livello nazionale. Le basi da lui gettate, però, sono state in parte respinte dalla nuova leadership, al fine di trovare spazio al tavolo dei gruppi parlamentari che possono realmente dire la loro al governo.

Come spesso accade, si sentiva la necessità di offrire al pubblico un nomignolo per facilitare la narrativa politica anche ai meno attenti alle vicende governative. Se Silvio Berlusconi è stato dunque per tutti il Cavaliere, Umberto Bossi è ancora oggi il Senatur.

Il motivo in realtà è molto facile da spiegare. Occorre tornare indietro nel tempo fino al 1987, al tempo della decima legislatura della Repubblica Italiana. Allora Bossi venne eletto al Senato per la prima volta. Era dunque giusto chiamarlo senatore, come gli spettava, ma si decise di farlo sui giornali in dialetto lombardo, così da porre risalto alla connotazione settentrionalista del suo partito.

Un incontro speciale nella vita di Umberto Bossi è stato quello con Bruno Salvadori, leader del movimento autonomista della Valle d’Aosta. Era il 1979 e il Senatur decise così di creare una rete di movimenti autonomisti per il settentrione.

Nel 1984 ha fondato la Lega Autonomista Lombarda, poi divenuta Lega Lombarda in seguito. Eletto segretario nazionale, è rimasto in carica fino al 1993, per poi dare vita all’ambizioso progetto della Lega Nord.

Il successo regionale fu enorme, riuscendo a dare voce a un malcontento generale. Facendo un passo indietro nel tempo, seppur di poco, occorre sottolineare l’unione di vari movimenti politici autonomisti dello stesso genere, con la creazione dell’Alleanza Nord. Grazie a essa venne eletto al Parlamento Europeo, ottenendo quasi 70mila preferenze nell’area nord-occidentale del Paese.

Per molti un vero condottiero, Bossi fondò la Lega Nord e l’anno dopo divenne consigliere comunale di Milano. Nel capoluogo lombardo il suo partito ottenne l’11,95%, il che gli diede ancora una volta conferma dell’ottima base di votanti creata.

Per puntare a Roma era però necessario assumere un aspetto più moderato, giocando secondo diverse regole. Sotto quest’aspetto l’importanza di Roberto Maroni fu impareggiabile. Il delfino di Bossi, come venne definito da molti, rappresentava il vento del cambiamento, per alcuni della Lega inconcepibile. Il loro sodalizio, naufragato in seguito, è stato di cruciale importanza per la necessaria evoluzione leghista, che dalle origini a oggi è stata evidente.

Non possono espellerlo perchè Bossi non fa solo parte della Lega. Il Senatur è la Lega. Resta alta la tensione tra il fondatore del partito Umberto Bossi, che a urne aperte avrebbe fatto sapere di aver messo la sua ‘x’ sul simbolo di Fi e il resto del Carroccio. Se gli analisti di via Bellerio assicurano che la mossa del Senatur non ha modificato l’andamento dei consensi: alla fine chi doveva essere penalizzato dalle parole di Bossi al massimo poteva essere il generale Vannacci e così non è stato, visto che l’ex capo della Folgore vanta circa 500mila voti, è il ragionamento di alcuni leghisti in Parlamento, di certo resta una forte delusione, che per il leader Salvini è meglio chiamare rabbia.

«Sia Zaia che Giorgetti hanno votato Lega -assicurava Salvini- con le preferenze che hanno voluto. Il problema è di chi non vota Lega, non di chi fa le sue scelte sulle preferenze», aggiunge un Salvini che sembra resistere al suo posto, nonostante il sorpasso di Forza Italia, che era uno dei paletti da non superare. «Il mezzo milione di voti per Vannacci arrivano in buona parte da Lombardia e Veneto e sono in buona parte elettori dalla Lega», aggiunge il Capitano. Ovvero: né Bossi, né altri hanno potuto contrastare la scelta di avere un outsider come Vannacci che nulla ha a che spartire con i territori ex padani.

Di certo il gesto di Bossi non è stato d’istinto. Il Senatur infatti non ha ‘ammesso’ pubblicamente il suo ‘tradimento’ per ricordare le parole usate da Vannacci a caldo per commentare il suo voto a Fi, riprese negli stessi termini poi da Salvini. A far sapere del voto di Bossi è stato Paolo Grimoldi, ex segretario della Lega lombarda, ma soprattutto interno al comitato Nord, voluto dallo stesso Bossi nel dicembre del 2022. Provvedimenti disciplinari sono però obbligatori da statuto. L’art. 29 dello statuto della Lega per Salvini avverte che la militanza “è incompatibile con l’iscrizione o l’adesione a qualsiasi altro partito o movimento politico, associazione segreta, occulta o massonica, a liste civiche non autorizzati dall’organo competente, o a enti no profit ricompresi tra quelli preclusi dalla Lega per Salvini premier».

Insomma l’espulsione dovrebbe scattare d’ufficio. Ma trattandosi di Bossi la cosa potrebbe discostarsi da quanto previsto ai sensi della carta fondativa del partito. Bossi, inoltre, avrebbe buon gioco a replicare a eventuali sanzioni: primo perché non ha fatto dichiarazioni in prima persona sul voto, secondo perché non è iscritto al partito che prevede l’espulsione per i dirigenti che votano un’altra formazione: Bossi infatti è militante della vecchia Lega Nord, di cui è segretario il fedelissimo di Salvini, Igor Iezzi. A Gemonio si resta in attesa di capire cosa potrà accadere. Anche se si racconta di un Senatur che non pensa minimanente a lasciare la Lega, né all’ipotesi di poter subire provvedimenti. Un rischio potrebbe essere legato alla permanenza del gruppo alla Camera, con un eventuale cartellino rosso che lo obbligherebbe a spostarsi in altro schieramento di Montecitorio.

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