Matteo Salvini è finito nel mirino per la sua scelta di trasformare il voto regionale emiliano in un referendum sulla sua persona. All’indomani della sconfitta di Lucia Borgonzoni in Emilia-Romagna Silvio Berlusconi vede emergere dal voto in Emilia Romagna un’indicazione di fondo molto chiara: ‘Il centro-destra può vincere solo se esiste un’area di centro liberale, cristiano, garantista adeguatamente forte a fianco della destra democratica’. Tra le fila di Fi e Fratelli d’Italia montano  le critiche sul modo in cui il segretario leghista ha interpretato la sua leadership in queste settimane di febbrile campagna elettorale, in lungo e in largo nella roccaforte rossa. ‘Non ho niente da recriminare verso nessuno, noi abbiamo fatto la nostra parte, la Lega va oltre il 30%, Salvini ha fatto una campagna pancia a terra, abbiamo fatto tutto quello che dovevamo fare. Non userò il voto in Emilia Romagna per spaccare il centrodestra o creare delle divisioni nel centrodestra’,  annota, blindando l’alleato,  Giorgia Meloni.

Ma l’iperattivismo salviniano ha creato molti mal di pancia in Fi e FdI.  Matteo deve capire che se uno prende tanti voti per il suo partito ma perde le elezioni che contano c’è qualcosa che non va. È necessario  avere più pluralismo e maggiore senso della coalizione.

‘Vero, verissimo: ci sono sconfitte che preparano vittorie e vittorie che somigliano a sconfitte. Ma non è il caso dell’Emilia Romagna. A urne chiuse, propaganda finita: scatta, anzi, il momento della verità. E dell’analisi spietata. Perché è vero che spesso è proprio il medico pietoso a far morire l’ammalato. La premessa è un po’ lunga ma quanto mai necessaria, visto che sul risultato dell’Emilia Romagna, a cominciare da Matteo Salvini, gran parte del centrodestra si è già messo in modalità struzzo.  Sarà anche consolatorio, ma sempre sconfitta è. Si tratta semmai di capirne le ragioni’,    Lucia Borgonzoni è apparsa subito priva di valore aggiunto visto che Salvini ha pensato di vincere imponendo un proprio quadro di partito. Esattamente quello che non ci voleva. Il resto dell’opera lo ha completato lui con una campagna elettorale tutta politica che sembrava fatta apposta per far emergere il profilo di buon amministratore di Stefano Bonaccini. E questa è la seconda ragione: la pretesa di scansare i problemi del territorio in elezioni diverse da quelle politiche, defilandosi lungo la scorciatoia dei temi nazionali. Va bene per riempire le piazze, meno per vincere nelle urne. La terza ragione è figlia della seconda: la ‘nazionalizzazione’ di una campagna elettorale regionale porta fatalmente ad oscurare il candidato governatore a tutto vantaggio del leader politico. Salvini ha esasperato a tal punto questo dato da apparire per lunghi tratti della contesa elettorale come un uomo solo. E senza neppure consultare i suoi tradizionali alleati, FdI e FI. In Emilia Romagna, invece, ha dato l’impressione di coltivare come principale obiettivo più il risultato della Lega che la vittoria della coalizione, di cui è leader. Sua, infatti, è la scelta della candidata, sua è l’impostazione della campagna elettorale.

Ma ora bisogna pensare alle  regionali di primavera: FdI vuole il via libera a due sue candidature a cui tiene moltissimo: ‘Abbiamo già fatto un accordo. Nell’ambito di queste trattative, Fdi ha Puglia e Marche e abbiamo fatto i nomi di Fitto e Acquaroli. Gli accordi non credo si debbano ridiscutere’. Fi punta i piedi sulla candidatura di Stefano Caldoro in Campania, su cui assicura non intende muoversi di un millimetro, arrivando anche a minacciare di sostenerlo da sola’.