May scrive ai cittadini Ue: ‘Rimanete e vi tuteleremo’

‘I cittadini dell’UE che vivono legalmente nel Regno Unito potranno rimanere’. La premier britannica Theresa May, in una lettera aperta ai tre milioni di europei che vivono nel Regno, si è impegnata a tutelare i loro diritti di residenza, spiegando che i negoziati con Bruxelles su questo tema procedono e siamo vicini ad un accordo. La May, alla vigilia del Consiglio Europeo in cui si parlerà anche di Brexit, ha assicurato che i diritti dei cittadini sono la mia prima priorità. E so che i miei colleghi hanno lo stesso obiettivo: salvaguardare i diritti dei cittadini dell’UE che vivono nel Regno Unito e dei britannici che vivono nell’UE.

Quando abbiamo avviato questo processo, alcuni ci hanno accusato di trattare i cittadini dell’UE in modo marginale rispetto al negoziato. Ma niente è più lontano dalla verità.  Perché i cittadini dell’UE che vivono nel Regno Unito hanno dato un enorme contributo al nostro Paese. E vogliamo rimangano con le loro famiglie. Non potrei essere più chiara: i cittadini dell’UE che vivono legalmente nel Regno Unito potranno rimanere.

So che entrambe le parti stanno ascoltando le proposte degli altri con mente aperta. E con flessibilità e creatività da entrambe le parti, possiamo concludere il confronto sui diritti dei cittadini nelle prossime settimane, ha aggiunto. La May ha poi risposto alle preoccupazioni che il processo sarà complicato e burocratico: ‘Stiamo sviluppando un processo digitale semplificato per coloro che richiedono uno status di residenza nel Regno Unito. Lavoreremo tenendo presente le richieste degli utenti e li consulteremo passo passo’.

La May inoltre si impegna, tra le altre cose, perché gli europei non debbano sottoscrivere un’assicurazione medica supplementare. Ed il passaggio rapido al nuovo status rafforzato di residenza per coloro che già godono della residenza permanente.

Se nelle settimane e nei mesi immediatamente successivi alla Brexit, l’uscita tramite referendum della Gran Bretagna dall’Unione Europea, è stato sottolineato in più occasione come gli indicatori economici tendessero al positivo, oltre un anno dopo segnaliamo tendenze contrarie. O meglio, un percorso a due velocità certificato dai dati Ons e dalle stime del Fmi. Ovviamente non si tratta di elementi sufficienti per dire che la Brexit sia stata una scelta vantaggiosa o svantaggiosa, ma comunque testimoni di un ‘effetto pendolo’ rispetto alle prime settimane post-referendum, visto il secondo trimestre consecutivo di rallentamento.

l’Ufficio nazionale di statistica (Ons) – si legge sul Daily Telegraph – ha ricalcolato la ricchezza del Paese scoprendo che erano stati sovrastimati gli asset internazionali. In base a questi dati, la Gran Bretagna si è ritrovata da un giorno all’altro più povera per 490 miliardi di sterline, circa 550 miliardi di euro. Il Telegraph sottolinea peraltro come non sia rimasta una riserva di asset stranieri da utilizzare per proteggere l’economia nazionale contro i rischi della Brexit. In dettaglio, secondo i calcoli rivisti da parte dell’Ons, la posizione patrimoniale netta sull’estero del Regno Unito è passata da un surplus di 469 miliardi di sterline a un deficit di 22 miliardi: in pratica è evaporato un quarto del Pil britannico.

Fra i Paesi a cui il Fondo Monetario Internazionale ha tagliato le stime rispetto ad aprile ci sono gli Stati Uniti, dove prevale l’incertezza sulla politica economica, e il Regno Unito. I dati Ocse dicono che nonostante una crescita registrata nell’ultimo trimestre rispetto al Q2 (+0.3% rispetto al +0.21% dello scorso trimestre), la Gran Bretagna rimane in fondo al gruppo. Quello che appare evidente quando confrontiamo il PIL del Regno Unito con quello degli altri paesi del G7 è che, nell’ultimo trimestre, il PIL del Regno Unito, pur continuando a crescere, è comunque classificato saldamente ultimo tra i paesi del G7. Una posizione mai occupata negli ultimi 3 anni. Il tasso di crescita è dunque cresciuto del +0.3% nel secondo trimestre, rimanendo però notevolmente più lento rispetto alla media dello 0.5% che la Gran Bretagna raggiunse nel 2010.

 

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