Meloni a Bruxelles: ‘Hamas non è la Palestina. Dare maggiore peso all’Autorità nazionale palestinese’

“Credo che uno degli strumenti più efficaci per sconfiggere Hamas sia dare una concretezza e una tempistica alla soluzione della questione palestinese. Dare maggiore peso all’Autorità nazionale palestinese. Questo è un ruolo che l’Unione europea può giocare e sicuramente una delle grandi chiavi di volta nel medio periodo. Nell’immediato c’è il tema umanitario, il tema degli ostaggi, dei civili che devono uscire da Gaza”, Giorgia Meloni nel punto stampa al suo arrivo al Consiglio europeo che si conclude a Bruxelles.

“C’è un impegno per una de-escalation per evitare un conflitto che potrebbe avere proporzioni inimmaginabili. Mi sembra che ci sia unità di intenti e sicuramente il dibattito servirà a capire nel concreto cosa l’Ue possa fare. Penso che l’Ue possa svolgere un ruolo importante”, ha detto ai giornalisti dopo il trilaterale con Emmanuel Macron e Olaf Scholz. Centrato su un altro scenario critico, quello tra Serbia e Kosovo. “Stiamo cercando di trovare una soluzione, sulla base di un lavoro molto lungo. Abbiamo chiesto a entrambi i leader di fare passi avanti rispetto agli accordi redatti. Speriamo di fare qualche passo in avanti”.

Sulla crisi mediorientale Meloni ha ribadito che Hamas c’entra niente con la questione palestinese. “Credo che sia giusto trovare un modo per ribadirlo a chi lo sa. E per raccontarlo a chi non la vede così. Non dobbiamo cadere nella trappola di Hamas”, ha detto ribadendo un concetto espresso  durante le comunicazioni al Parlamento. Sul terreno dei migranti la premier ha detto di essere molto soddisfatta della lettera ieri di Ursula von der Leyen, che ha ringraziato. “La presidente ha dimostrato che l’Ue intende andare avanti concretamente”. Quello che serve con Paesi come Tunisia é Egitto – ha detto Meloni – “è  il rispetto. L’ho detto e lo ribadisco. Non si può pensare di parlare con le istituzioni di un’altra nazione con l’approccio paternalistico. Con questa idea di superiorità che noi delle volte dimostriamo. Se si decide di approcciare un proprio partner e se si decide di parlare di partnership strategica, poi si deve dimostrare rispetto. Questo sulla Tunisia é mancato e ha creato i problemi che sta creando”.

Infine un pizzico di polemica con chi rema contro. “Abbiamo visto il tentativo di dichiarare la Tunisia Paese non sicuro, da parte di esponenti politici, di forze politiche, di realtà politiche, di chi realmente vuole minare la possibilità che l’Europa governi i propri flussi migratori. Il problema è quando si parla di politica internazionale, i rapporti tra Stati le cose cambiano. Ho sempre detto – ha concluso parlando con la stampa – che secondo me il tema con la Tunisia ma anche con l’Egitto, con i Paesi nordafricani e africani. Il tema non è andare in questi Paesi a chiedere ti do delle risorse se mi controlli i flussi migratori. Il tema é costruire una partnership molto più ampia, che preveda anche investimenti, una migrazione legale, un lavoro serio”.

Le forze israeliane (Idf) hanno effettuato nella  un’incursione “mirata” nel nord della Striscia di Gaza con unità della fanteria e tank. Forze che hanno lasciato la zona dopo il blitz e sono “rientrati in territorio israeliano”. Tramite il social X hanno fatto sapere di aver colpito “numerose cellule terroristiche, infrastrutture e postazione utilizzate per il lancio di missili anticarro”. L’operazione, precisano, rientra nelle attività di “preparazione” della zona di confine per “le prossime fasi di combattimento” dopo il terribile attacco del 7 ottobre in Israele di Hamas, che controlla la Striscia di Gaza. Colpiti più di 250 obiettivi, ha reso noto un portavoce dell’esercito.

Il ministero della Difesa di Israele sarebbe intenzionato a prorogare fino al 31 dicembre le misure che prevedono l’evacuazione della popolazione dalle località lungo i confini con Gaza e Libano. Lo ha riportato l’emittente Kan, in una notizia subito rilanciata dal Times of Israel, secondo cui diversi altri ministri sarebbero contrari, considerando tutto prematuro, oltre ai costi che comporterebbe per lo Stato.

Circa 200mila israeliani, ricorda il Times of Israel, hanno dovuto lasciare le proprie case nel sud e nel nord di Israele a causa del conflitto con Hamas, innescato dal terribile attacco del 7 ottobre in Israele, e dalle tensioni con gli Hezbollah libanesi.

Aggiornato anche il numero degli ostaggi nelle mani di Hamas, che sarebbero 224. Il numero potrebbe continuare ad aumentare, si precisa da fonti dell’esercito. il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha affermato intanto che “gli attacchi israeliani contro Gaza hanno raggiunto il livello del massacro” durante una telefonata con Papa Francesco. Lo fa sapere la presidenza di Ankara aggiungendo che, durante il colloquio, Erdogan ha criticato la mancanza di indignazione da parte della comunità internazionale rispetto agli attacchi contro la Striscia.

La replica di Israele a Erdogan

Dichiarazioni molto dure che seguono quelle  in cui Erdogan si è decisamente schierato con i terroristi di Hamas, definendoli “miliziani che lottano per la libertà della Palestina”. Parole cui ha fatto seguito, subito dopo, l’annullamento della visita in Israele. Israele “respinge senza riserve” le parole “crudeli” del leader turco su Hamas. “E’ un’organizzazione terroristica ignobile, peggiore dell’Isis, che uccide in modo brutale e deliberato neonati, bambini, donne e anziani, che prende civili in ostaggio e usa la sua stessa gente come scudi umani”, ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri israeliano, Lior Haiat, in una dichiarazione diffusa tramite il social X

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