La premier ha toccato le principali questioni da discutere a Bruxelles: revisione del bilancio pluriennale europeo, guerra in Ucraina, crisi in Medio Oriente, allargamento dell’Ue, migranti. Ma a tenere banco in Aula sono state la riforma del Patto di stabilità e crescita, il Mes, il superbonus, e la postura dell’Italia al tavolo con l’Europa.
Al Patto di stabilità Meloni ha dedicato ampio spazio. L’Italia lavora da mesi “in condizioni negoziali non semplici” per “bilanciare l’elemento della solidità dei bilanci nazionali e sostenibilità dei loro debiti pubblici, con l’imprescindibile elemento della crescita e del sostegno agli investimenti”. E il Paese, ha rivendicato, è ancora “in partita” perché “tutti a Bruxelles hanno capito che la posizione del governo non si basa sul classico ‘tiriamo a campare’ ma su una politica di bilancio seria e rigorosa”. Dunque l’Italia “non chiede una modifica delle regole per poter spendere senza freni” ma perché “il contesto in cui ci troviamo è ancora un contesto eccezionale e sono quindi necessarie regole adeguate”. La strada però – ha ammesso – è ancora in salita, con posizioni “molto distanti”, e allora il sì di Roma non è scontato. “L’unica cosa che non sono disposta a fare – ha ribadito – è dare il mio assenso a una riforma del Patto che non questo governo ma nessun governo italiano potrebbe in futuro rispettare”, dunque intende “condurre questa trattativa nel modo più serio possibile non anteponendo il mio interesse personale sapendo che se non si arrivasse a una soluzione verremmo accusati di essere isolati ma io preferisco essere accusata di essere isolata piuttosto che di aver svenduto l’Italia come capitato ad altri”.
Hanno scaldato l’aula i passaggi su Mes e Superbonus. L’impegno a ratificare il Mes è stato preso dal governo Conte “senza che ne avesse il potere” e con “il favore delle tenebre”. Meloni è partita dalle accuse di Elly Schlein: “Ieri diceva che stiamo bloccando tutta l’Europa. A parte che il Mes può essere utilizzato” e “stiamo bloccando semmai il nuovo Mes”, ma “la lettura della segretaria Schlein ha un fondo di verità. L’Italia si è impegnata sulla modifica del trattato” ma “quando l’Italia ha detto sì alla modifica di questo Trattato?” E’ stato fatto dal governo di Giuseppe Conte “senza mandato parlamentare, un giorno dopo essersi dimesso, quando era in carica solo per gli affari correnti”, “senza che ne avesse il potere, senza dirlo agli italiani, e con il favore delle tenebre”. Le parole della premier hanno scatenato la reazione dei pentastellati, con il presidente della Camera Lorenzo Fontana costretto a richiamare più volte all’ordine.
Nel suo intervento, Schlein ha insistito: “Sul Mes non è possibile bloccare il resto d’Europa, perché non ratificare significa impedire agli altri paesi di accedervi, se non lo sa, Meloni dovrebbe cambiare mestiere” ha incalzato la segretaria del Pd. Il suo intervento è iniziato con: “Viva l’Italia antifascista, viva l’Italia antifascista. Sente presidente come suona bene? E’ una frase piena di libertà e democrazia, consiglierei anche a Meloni di pronunciarla, magari anche Delmastro che cita Mussolini, o a Salvini che ci trascina con le peggiori destre dell’Europa”.
E la reazione M5s è arrivata durante il passaggio di Meloni sul Superbonus. Questo governo non fa “super-buffi” ha risposto al deputato pentastellato Filippo Scerra che “ha accusato” l’esecutivo “di portare avanti una politica di austerità”. “Non so se per austerità intendete che abbiamo smesso di buttare i soldi degli italiani dalla finestra, perché se così fosse… – ha detto Meloni – Forse fa riferimento al fatto che non abbiamo speso i soldi dei contribuenti con bonus monopattini, banchi a rotelle, i superbonus, i super-buffi, i sussidi a pioggia, il Reddito di cittadinanza… No, quello non li facciamo. Anzi, siamo stati votati proprio per smettere di fare questo lavoro, perché era quello che gli italiani chiedevano ed è forse la ragione per cui non hanno confermato voi al governo” ha sottolineato, soffermandosi sulla misura del Superbonus con “frodi clamorose che continuano ad emergere: solo nelle ultime settimane sono state scoperte truffe per quasi un miliardo di euro. Risorse tolte alla sanità, ai trasporti, alle famiglie e a tutto quello che poteva essere sicuramente più utile”.
Puntuta la replica di Giuseppe Conte “In sede di replica ho ascoltato un leader di opposizione, non un presidente del consiglio. Con cocciutaggine e ostinazione parla di bonus edilizi. Ci vuole faccia tosta” ha detto il leader M5s in aula dopo le comunicazioni della premier. “Possibile che se li usate voi vanno bene e gli italiani non li devono usare? Ma vi parlate nel governo? Si parla con Lollobrigida, Fazzolari, Rampelli? Hanno presentato tutti emendamenti per l’estensione del bonus nel corso degli anni. Con Fi vi parlate o no?”.
Tanto amato e poi altrettanto odiato, è ancora una volta il Superbonus a portare scompiglio, questa volta nella stessa maggioranza di governo e in piena sessione di bilancio. Forza Italia ha rimesso sul tavolo la proroga dell’agevolazione al 110% per i condomini. Un tentativo subito stoppato dal Mef, che non ha nessuna intenzione di riaprire i cordoni della borsa, ma che non placa il pressing di una parte della maggioranza: anche Fratelli d’Italia con il senatore, e relatore, Guido Liris propone una soluzione che allenti la stretta sul Superbonus e copra i lavori degli ultimi mesi del 2023, attualmente a rischio di finire rimborsati solo al 70% e non più al 110%.
Il capitolo postura dell’Italia al tavolo con l’Europa. Su questo punto, in particolare, la premier sostiene che in politica estera è fondamentale “saper dialogare con tutti, e penso che questo sia anche il modo per dare all’Italia un ruolo da protagonista”. “Mi ha molto colpito che si sia fatto riferimento al grande gesto da statista del mio predecessore Mario Draghi per il fatto che c’era una foto in treno verso Kiev con Scholz e Macron – ha sottolineato nel corso delle repliche -. Mi è chiaro che per alcuni la politica estera sia stata banalmente farsi fare delle fotografie con Francia e Germania anche quando a casa non si portava niente. Io penso che la politica estera non sia fatta di fotografie, penso che l’Europa non sia a tre”. Un’uscita forte, che ha scatenato plemiche e che la stessa premier ha deciso di spiegare a margine della discussione in Aula: “Non è un attacco a Draghi, ma al Pd che come al solito pensa che tutto il lavoro che il presidente del Consiglio Draghi ha fatto si riassuma nella fotografia con Francia e Germania. Non è la foto con Macron e Scholz che determina il lavoro di Draghi. Lui non c’entra niente, anzi ho rispettato la sua fermezza di fronte alle difficoltà che aveva nella sua maggioranza. Il suo lavoro non si può risolvere in una fotografia accanto ai leader di Parigi e Berlino”.
“Come prevedibile l’appuntamento che ci apprestiamo a celebrare verterà in gran parte, ancora una volta, sui grandi temi dell’agenda internazionale. L’appuntamento di giovedì e venerdì a Bruxelles, preceduto da un importante vertice con i Paesi dei Balcani occidentali, ha al proprio ordine del giorno una serie di questioni cardine: l’aggressione russa dell’Ucraina, la crisi in Medio Oriente, l’allargamento dell’Unione Europea, l’attuazione della nuova politica migratoria UE, la revisione del bilancio pluriennale per adattarlo alle sfide nuove con le quali ci confrontiamo”.
Meloni ribadisce il sostegno a Kiev. “La propaganda russa prova a raccontare che la resistenza ucraina è stata un fallimento, ma la realtà dice altro. In 676 giorni la Russia ha invaso solo l’11% del territorio ucraino, Kiev ha già vinto”, ha detto la premier.
“L’Italia sostiene fermamente il cammino europeo della Bosnia Erzegovina – ha detto la premier -. Concedere lo status di candidato l’anno scorso ha già portato progressi nel percorso di riforme verso l’Ue. La Bosnia Erzegovina potrà fare maggiori progressi all’interno del quadro negoziale piuttosto che fuori e ritengo che mostrare al Governo di Sarajevo un forte sostegno al percorso europeo del Paese possa avere un effetto altamente positivo sulle dinamiche interne. Anche in questo caso, la raccomandazione della Commissione prevede delle condizionalità connesse con l’attuazione di diverse e importanti riforme interne che ci auguriamo vengano rispettate”.
“Mi sono soffermata sulla Bosnia Erzegovina perché – continua – i Paesi balcanici saranno protagonisti di un apposito Vertice che precederà il Consiglio Europeo. Un vertice particolarmente significativo per l’Italia perché queste Nazioni non possono essere annoverate fra le relazioni esterne propriamente dette dell’Unione Europea. I Balcani si trovano nel cuore del nostro continente. Non è una regione che sta ai confini dell’Unione: essa si trova all’interno dei confini dell’Unione – osserva la premier -. Per questo motivo, l’Italia è impegnata a Bruxelles a far valere un approccio strategico ai Balcani Occidentali, che tenga conto, pur nella complessità delle sfide che l’area presenta, della necessità di fornire ai Paesi della regione una chiara prospettiva di integrazione europea”.
“Per questa ragione – conclude Meloni – l’Italia sostiene il Piano di Crescita per i Balcani Occidentali, presentato dalla Commissione a inizio novembre, che prevede assistenza finanziaria per 6 miliardi (tra somme a dono e prestiti agevolati) e forme di integrazione graduale al mercato unico. Tutto questo condizionato a un percorso di riforme da parte dei Paesi beneficiari”.
“L’Italia e la sua industria della Difesa sono pronte a fare la loro parte. Guardiamo con fiducia alla futura strategia industriale per la Difesa europea, al programma di investimenti per la difesa europea, che potranno valorizzare le nostre catene del valore e le competenze europee senza pregiudicare i partenariati con i nostri alleati”. Meloni ha ribadito che “in connessione con il difficile contesto internazionale in cui viviamo, sarà utile fare un punto sulla collaborazione a livello europeo negli ambiti della sicurezza e della difesa, in particolare sulla piena attuazione degli impegni presi con la ‘Bussola strategica’ che resterà fondamentale nei prossimi anni per la credibilità dell’azione dell’Unione in qualità di fornitore di sicurezza globale. In qusta ottica diventa essenziale rafforzare la base industriale e tecnologica della Difesa europea sia per assicurare che le ambizioni comuni siano sostenute da adeguate capacità sia per essere in grado di supportare i nostri partner, a partire dall’Ucraina”, ha spiegato Meloni.