«Abbiamo sulle nostre spalle una responsabilità storica: consolidare la democrazia dell’alternanza e accompagnare finalmente l’Italia, con la riforma costituzionale che questo Governo intende portare avanti, nella Terza Repubblica», ha detto domenica 29 ottobre la premier Giorgia Meloni in un messaggio alla convention della Dc a Saint Vincent organizzata da Gianfranco Rotondi. Lunedì 30 ottobre a Palazzo Chigi la premier ha convocato i leader della coalizione di governo per definire il pacchetto di misure sulle riforme costituzionali da portare in Consiglio dei ministri venerdì 3 novembre.
A organizzatori e protagonisti dell’evento il premier ha inviato un lungo messaggio scritto, in cui, in diversi, significativi passaggi, propone analisi e rilancia prospettive, sottolineando: «La fine della Prima Repubblica ha decretato anche la fine della Dc come partito. Un passaggio storico, che ha chiuso una fase storica irripetibile. E ha chiesto ad un intero blocco sociale, in una seppur imperfetta democrazia dell’alternanza, di decidere da che parte schierarsi. La nascita del centrodestra come nuovo blocco alternativo alla sinistra ha rappresentato la risposta che milioni di italiani chiedevano e aspettavano. Quella risposta è stata una risposta vincente. Una risposta arrivata da una presa di coscienza che ha determinato cambiamenti e svolta. «Abbiamo sulle nostre spalle una responsabilità storica – ha scritto la Meloni nel suo intervento per la convention Dc –: consolidare la democrazia dell’alternanza e accompagnare finalmente l’Italia, con la riforma costituzionale che questo Governo intende portare avanti, nella Terza Repubblica. Oggi il centrodestra aspira ad essere la sintesi di tutte le idee maturate nell’alveo della tradizione conservatrice e cristiano- liberale. È un centrodestra moderno e dinamico. Che fa tesoro delle diversità. Ed è capace di governare con realismo, concretezza e competenza, portando avanti un programma chiaro e basato su un approccio valoriale. Ho sempre considerato riduttivo definire la Dc semplicemente come un partito di “centro”», scrive il premier nella lettera inviata a Gianfranco Rotondi, in occasione della Kermesse Saint Vincent città delle tre repubbliche. Proseguendo poi: «Per molti anni, nell’ambito di un contesto sia interno che internazionale molto diverso dall’attuale, la Democrazia Cristiana ha rappresentato uno dei blocchi in cui si articolava il nostro sistema politico. La Dc ha avuto la lungimiranza di sposare la scelta occidentale e ha rappresentato, per svariati decenni, il blocco sociale anticomunista. Il partito dei corpi intermedi, della borghesia produttiva e dei ceti popolari. Chi viene dalla tradizione dei democratici cristiani non può non stare saldamente nel centrodestra»
Soffermandosi sull’eredità valoriale della Dc e rilanciando la sua applicazione in un contesto politico e in uno scenario sociale profondamente modificatosi nel tempo, Giorgia Meloni nel suo messaggio ha voluto ribadire l’imprescindibilità dei «valori della famiglia, della Patria, della libera impresa, della sussidiarietà e dell’appartenenza all’Occidente». Valori – ha sottolineato il presidente del Consiglio – che affondano le radici in una storia che, da sempre, ci vede alternativi e profondamente distanti dalla sinistra. Anche per questo sono convinta che chi viene dalla tradizione dei democratici cristiani non possa non stare saldamente nel centrodestra», scrive Giorgia Meloni a Gianfranco Rotondi in occasione della kermesse di Saint Vincent, rinnovando un’intesa che si traduce in impegno e lavoro quotidiani del governo.
Dal presidenzialismo all’americana a semipresidenzialismo alla francese il govreno sembra cambiare rotta del tutto e per le riforme costituzionali mette sul tavolo dell’ultimo confronto, almeno dovrebbe esserlo, una sorta di premierato all’italiana: elezione diretta del Capo del governo nello stesso giorno in cui si rinnova il Parlamento tramite una legge elettorale maggioritaria che garantisca il 55% dei seggi al partito o alla coalizione vincente e dunque la governabilità.
Il meccanismo messo a punto tra ministero delle Riforme di Elisabetta Casellati e Palazzo Chigi assomiglia molto a quello in vigore per l’elezione dei sindaci e dei governatori: il premier eletto è legato alla sua maggioranza e in caso di crisi la prima opzione è il ritorno alle urne. Unica via di uscita che emerge dal testo messo a punto dal governo e anticipato dal Sole 24 Ore il 2 agosto scorso è la cosiddetta “fiducia costruttiva”, fortemente voluta dalla Lega: in caso di «cessazione dalla carica» del premier il Parlamento può proporre un sostituto purché sia espressione della stessa maggioranza uscita vincitrice dalle urne e che aveva votato la fiducia all’inizio della legislatura. Ma anche su questo meccanismo antiribaltone il confronto è ancora aperto e si estende anche al Colle.