I governi sono politici quando hanno un mandato popolare, una guida politica, una maggioranza nata nelle urne e non nel palazzo, un programma e una visione chiari». A ribadirlo è stata Giorgia Meloni, al termine di un’altra giornata trascorsa a Montecitorio, al lavoro sui dossier più urgenti per l’Italia che il prossimo governo dovrà affrontare da subito, dal caro bollette all’approvvigionamento energetico, passando per la legge di bilancio. La leader di FdI, è poi emerso da fonti del Mef, ha incontrato anche il ministro dell’Economia uscente, Daniele Franco, per un confronto in vista del prossimo passaggio di consegne, all’insegna della «normale collaborazione istituzionale».
«Proprio per realizzare quella visione e quel programma coinvolgeremo le persone più adatte: nessuno si illuda che cambieremo idee e obiettivi rispetto a quelli per i quali siamo stati votati. Il nostro sarà il governo più politico di sempre», ha avvertito Meloni, mentre continua a impazzare il toto-ministri, sebbene nulla trapeli dai partiti del centrodestra.
L’attenzione è scivolata sul tema della presidenza del Senato, con il capogruppo della Lega alla Camera uscente, Riccardo Molinari, che ha detto ai cronisti che «stiamo lavorando per Roberto Calderoli». Lo stesso Molinari, però, secondo quanto trapelato sulla stampa, sarebbe considerato papabile per la presidenza della Camera. Fonti di Fratelli d’Italia avrebbero però confermato che per il partito il nome per Palazzo Madama resta quello di Ignazio La Russa, la cui candidatura si sarebbe ulteriormente rafforzata.
Che il tema sia sul tavolo lo ha confermato Maurizio Lupi, che è stato avvistato a via della Scrofa insieme ai centristi Lorenzo Cesa e Antonio De Poli. Presenti in sede per FdI, secondo quanto emerso, Ignazio La Russa e Francesco Lollobrigida e per la Lega lo stesso Roberto Calderoli, mentre per Forza Italia si è parlato di Licia Ronzulli e Alberto Barachini. «Si va verso la presidenza del Senato a FdI e la Camera alla Lega. Ignazio La Russa è stato vicepresidente del Senato ed è stato bravissimo», ha detto il capo politico di Noi Moderati, nel corso della puntata di Porta a Porta.
A chiarire che nel centrodestra si lavora con unità d’intenti è stata poi una nota della Lega che chiarisce che non ha pretese né preclusioni, lavora per un’intesa soddisfacente nel centrodestra e conferma di avere le idee chiare sulla propria squadra e sui dossier più urgenti. La coalizione dev’essere all’altezza delle emergenze del Paese e delle aspettative degli elettori per un accordo completo. Dove per completo si intende un accordo che guardi non solo all’elezione dei presidenti dei due rami del Parlamento, secondo la tattica presidente di FdI, bensì sull’intera squadra di governo. Se la Meloni ha scelto la politica dei piccoli passi (“Iniziamo dalle presidenze, poi verrà il resto), gli alleati rispondono con la richiesta di un accordo quadro che comprenda anche le caselle ministeriali.
La Meloni, che si era già vista rifiutare dagli alleati l’ipotesi di cedere la presidenza di una Camera all’opposizione, vuole ora entrambi gli scranni per il suo partito. Salvini non ci sta, rivendicando la Camera per Calderoli, ma potrebbe accettare un passo indietro solo se gli venisse riconosciuto il ruolo di vicepremier con una delega importante (Infrastrutture?). Se ciò non dovesse accadere, minaccia ritorsioni in Aula. A Palazzo Madama il regolamento parla chiaro: per la prima (ed eventualmente per la seconda) votazione è necessaria la maggioranza assoluta dei componenti, dalla terza serve quella semplice dei presenti, alla quarta scatta il ballottaggio tra i due più votati. Se la contesa non si risolvesse in tempo, si rischierebbe una contra fratricida nella maggioranza. E Calderoli, raccontano esponenti qualificati della Lega, godrebbe del sostegno trasversale di senatori dell’opposizione.
Difficile che Lega e/o Forza Italia si prendano il rischio di azzoppare fin da subito la legislatura, ma la Meloni sul Senato è irremovibile: il vantaggio è troppo esiguo, e vuole avere il controllo di Palazzo Madama. E’ disposta a concedere qualcosa di più sul fronte squadra di governo, per esempio riempiendo con Giancarlo Giorgetti della Lega la casella del ministro dell’Economia (dopo i rifiuti di Franco, Panetta e Scannapieco).
L’altro fronte bollente è con Forza Italia sul nome di Licia Ronzulli. Berlusconi continua a pretendere un ministero di peso per la sua prediletta, ma Giorgia mantiene la sua netta opposizione e l’ex presidente del Consiglio la vive come un affronto personale.
Non c’è un clima sereno nella maggioranza, a quanto si legge sulle principali testate del Paese, che riportano voci secondo cui starebbe continuando a salire la tensione tra Giorgia Meloni e i suoi alleati per lo scioglimento del nodo nomine.
A indispettire il Cav sarebbe stato il rifiuto di Giorgia Meloni di dare un dicastero di spicco a Licia Ronzulli ormai considerata il vero braccio destro del presidente di Forza Italia.
L’ex europarlamentare aspirerebbe infatti a diventare il numero uno del ministero della Salute. Che però potrebbe non andare agli azzurri.
Secondo le indiscrezioni, infatti, Giorgia Meloni avrebbe altri piani per un ruolo che, durante la pandemia, si è rivelato così importante.
Già nei giorni scorsi si era parlato di un tecnico per la gestione della sanità italiana. E la premier in pectore avrebbe messo il veto sulla ex infermiera, poco titolata per l’incarico.
Al momento poche certezze: agli Esteri è destinato Antonio Tajani (si è tirata fuori Elisabetta Belloni). Al Viminale restano alte le chance del prefetto Matteo Piantedosi, ex capo di gabinetto di Salvini. Per Adolfo Urso, anche lui FdI, si profila la Difesa.