Tra le priorità della Manovra 2023 c’è la crescita economica, a partire dalla messa in sicurezza del tessuto produttivo, soprattutto di fronte alla principale emergenza che abbiamo di fronte, il caro energia, così come l’attenzione verso chi produce e il rafforzamento del ceto medio, ma anche il sostegno alle fasce sociali più deboli, alla famiglia, alla difesa del potere d’acquisto dei cittadini e ai redditi più bassi.
La premier Giorgia Meloni, intervenuta all’Assemblea Generale Confindustria Veneto Est – in streaming per via delle scadenze e delle emergenze da gestire, compresa la tragedia di Ischia – si rivolge agli industriali sottolineando a più riprese l’”attenzione” che lei e il Governo hanno da sempre per le categorie produttive e per il confronto con i corpi intermedi.
Ad un mese dal suo giuramento, l’esecutivo ha già avviato un primo tavolo di confronto con tutte le associazioni di categoria, “un dialogo che intendiamo portare avanti con costanza lungo tutto il nostro mandato” assicura la premier.
I due capisaldi del governo di destra targato Meloni, che la premier ribadisce a più riprese, sono “non disturbare chi produce e rimettere al centro il confronto con i corpi intermedi“. Come anche il Presidente Bonomi dice spesso, sottolinea ancora Meloni, il lavoro non lo crea la politica per decreto, ma le imprese.
“La ricchezza la creano le aziende con i loro lavoratori, quello che compete allo Stato è creare le condizioni perché queste aziende possano operare nel migliore dei modi, perché possano crescere e possano fare, senza avere paura di trovare uno Stato che le combatte piuttosto che aiutarle e accompagnarle. Lo Stato deve garantire a chi fa di poterlo fare programmando e pianificando, avendo la certezza dei propri investimenti e sfruttando al meglio le opportunità che vengono offerte”.
Oltre alla Manovra, spiega Meloni agli industriali riuniti, l’Esecutivo sta lavorando per rendere operativa la nuova misura del difensore civico delle imprese, ovvero la titolarità del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, guidato da Adolfo Urso, di avocare a sé gli iter autorizzativi bloccati presso altre amministrazioni per rendere certi i tempi di investimento.
Proprio Urso a inizio legislatura ne aveva parlato, ponendolo come una delle assolute priorità del suo mandato: “Il mio primo atto da ministro sarà creare un ufficio che chiamerò Difensore civico delle imprese, che si occuperà di eliminare la burocrazia che rallenta gli investimenti delle nostre aziende, specie per difendere la creatività italiana che il mondo ci invidia”.
Quello di limitare l’intervento dello Stato sulle aziende, aveva detto, “è uno dei punti della nuova denominazione data al ministero, che è ben più di un nome, è una nuova mission. Al centro non ci sarà più l’oggetto, cioè il contesto sociale e lo sviluppo, ma il soggetto, che è l’impresa. E quindi ci occuperemo di chi avvia e gestisce un’attività, ma anche di chi contribuisce, come lavoratori e dipendenti. Aiuteremo chi produce ricchezza eliminando ogni intoppo”.
Obiettivo di questo potente processo di sburocratizzazione è dunque dare attuazione compiuta all’art. 30 del decreto Aiuti, che consente al ministero o al governo di avocare a sé procedure non esplicate da altre istituzioni: in pratica, se le amministrazioni locali non danno risposte in tempi celeri, interverrà il nuovo Ministero delle Imprese e del Made in Italy.
Meloni annuncia poi che lei e la sua squadra stanno conducendo una “ricognizione puntuale, opera per opera, gara per gara”, dei progetti che dovranno essere realizzati con le risorse del PNRR e non solo, perché le imprese italiane devono sapere cosa verrà fatto per prepararsi adeguatamente, e farsi trovare pronte e competitive quando si partirà con le opere e i cantieri.
“Fermo restando tutta la materia del caro materiali che pure stiamo affrontando perché, in assenza di una capacità di affrontare seriamente questo tema, purtroppo i soldi del PNRR rischiano di non arrivare a terra”.
Codice Appalti
E qui si apre lo spinosissimo tema del Codice degli Appalti. “Servono regole chiare per tutti e che tutti, a partire dallo Stato e dalla Pubblica Amministrazione, devono rispettare.
Il Codice deve diventare un pilastro del rapporto tra Stato e imprese, su cui poter fare affidamento senza sottoporlo a continue modifiche come avvenuto in passato, quando si scopriva di volta in volta che le norme scritte al chiuso di una stanza poi, alla prova dei fatti, puntualmente non funzionavano. E quel pilastro deve essere costruito intorno ad una parola: fiducia“.
Lo schema di decreto legislativo contenente la bozza del nuovo Codice appalti è stato consegnato al Governo dalla commissione del Consiglio di Stato, in vista della scadenza del 31 marzo 2023.
Come ha detto a più riprese Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture, si va verso lo snellimento delle procedure: per gli appalti ci saranno meno fasi progettuali, il potenziamento del silenzio assenso, più flessibilità nel partenariato pubblico-privato e l’adeguamento dei prezzi in automatico a seconda delle variazioni di mercato.
Secondo le prime indiscrezioni, il nuovo Codice Appalti non necessiterà di provvedimenti di attuazione perché sarà auto-applicativo grazie agli allegati operativi.
Strategia nazionale
Infine, rimarca Meloni agli industriali, punto nodale è la necessità di dotarsi come Paese di una strategia industriale. “Questa nazione non ha una politica strategica, non ha una politica industriale, una strategia industriale da troppo tempo e io credo debba tornare a scegliere dove vuole stare, nel contesto geostrategico, su che cosa vuole investire e concentrare le risorse su quegli obiettivi, partendo dal tema della difesa dell’interesse nazionale, che per noi è un obiettivo anche in Europa”.
Il riferimento è in particolare alla battaglia a Bruxelles sul price cap, sul mercato del gas e della tutela del settore del packaging.