Meloni tra Fiat-Stellantis e delocalizzazioni

“Noi vogliamo come sempre difendere l’interesse nazionale, instaurare chiaramente un rapporto che sia equilibrato con Stellantis”, ha affermato il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, intervenendo al Question time della Camera ed elencando gli interventi messi in campo dal Governo, come la modifica delle norme per incentivare “chi torna a produrre in Italia” e scoraggiare “chi delocalizza, che in questo caso dovrà restituire ogni beneficio o agevolazione pubblica ricevuta negli ultimi dieci anni”.

“Vogliamo tornare a produrre in Italia almeno un milione di veicoli l’anno con chi vuole investire davvero sulla storica eccellenza italiana. Se si vuole vendere un’auto sul mercato mondiale pubblicizzandola come gioiello italiano, quell’auto deve essere prodotta in Italia. Queste -ha concluso Meloni- sono le regole con l’attuale Governo e valgono per tutti”.

Meloni rispondeva a un’interrogazione di Azione sul caso Stellantis, illustrata dal capogruppo Matteo Richetti. “Il Gruppo automobilistico Fiat e i marchi italiani collegati – ha detto ancora Meloni – rappresentano una parte importante della storia industriale nazionale. È un patrimonio che merita la massima attenzione e penso che questo significhi anche avere il coraggio di criticare alcune scelte che sono state fatte dalla proprietà e dal management del Gruppo quando sono state distanti dagli interessi italiani, come a volte mi è capitato di fare, spesso nell’indifferenza generale”.

“Penso allo spostamento della sede fiscale e legale fuori dai confini nazionali -ha spiegato la premier- penso all’operazione di presunta fusione tra Fca e il gruppo francese Psa che celava in realtà un’acquisizione francese dello storico Gruppo italiano, tanto che oggi nel Cda di Stellantis siede un rappresentante del Governo francese e non è un caso se le scelte industriali del Gruppo tengano in considerazione molto più le istanze francesi rispetto a quelle italiane”.

«Stellantis è fortemente impegnata in Italia e lo ha fatto negli ultimi anni. L’azienda ha investito diversi miliardi di euro nelle attività italiane per nuovi prodotti e siti produttivi», ha sottolineato a stretto giro un portavoce di Stellantis Italia, spiegando che «Oltre il 63% dei veicoli prodotti lo scorso anno negli stabilimenti italiani di Stellantis sono stati esportati all’estero, contribuendo così alla bilancia commerciale italiana».

Vero è  che chi delocalizza sarà penalizzato e che bisogna tornare a produrre un milione di veicoli l’anno in Italia. Il problema è capire come Giorgia Meloni e il governo intendono perseguire questo obiettivo.

La premier ha già promesso incentivi a Stellantis e senza nessuna rassicurazione su occupazione e nuovi modelli.  Una società che quegli incentivi li pretende da novembre e arriveranno “solo” a febbraio.

Una società che, mentre fa le valigie dall’Italia, realizza 16,8 miliardi di euro di profitti globali (nel 2022, il 26% in più dell’anno precedente). Con utili distribuiti agli azionisti per 4,2 miliardi (e neanche un euro di tasse sugli stessi versato in Italia). Che prevede di raddoppiare i ricavi netti entro il 2030. Una società che ha chiesto alle industrie dell’indotto una riduzione dei costi del 40% (che significa proprio delocalizzazione).

Incentivi auto, così le grandi case tengono in pugno i governi Ue. Il 2024 si è aperto con un nuovo stop a Mirafiori: i lavoratori e le lavoratrici sono rientrati solo per tornare in cassa per altre tre settimane. Una cassa che dura a singhiozzo da 17 anni. La 500 elettrica non decolla? A Mirafiori servono nuovi modelli e un progetto vero. L’hub dell’economia circolare non basta nemmeno a ricollocare tutti gli attuali dipendenti, altro che nuova occupazione.

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