Il boss mafioso Matteo Messina Denaro avrebbe voluto trafugare il ‘Satiro danzante’, la statuta bronzea dell’età greca, ritrovata nel 1997 da un peschereccio di Mazara del Vallo e oggi esposto nell’apposito museo. A rivelarlo è stato un collaboratore di giustizia, Mariano Concetto. Il pentito di mafia, parlando con i magistrati, ha raccontato di aver ricevuto l’incarico dai vertici del suo mandamento mafioso di trafugare il famoso Satiro danzante, e a ordinare il furto sarebbe stato sarebbe stato proprio Matteo Messina Denaro che avrebbe poi provveduto a commercializzarlo attraverso sperimentati canali svizzeri.
La storia del ritrovamento della statua inizia nel luglio di venti anni fa, quando il peschereccio ‘Capitan Ciccio’, appartenente alla flotta marinara di Mazara del Vallo e comandato dal capitano Francesco Adragna ripesca dai fondali del Canale di Sicilia una gamba di una scultura bronzea. Nella notte fra il 4 e il 5 marzo 1998 lo stesso peschereccio riporta a galla, da 500 metri sotto il livello del mare in cui era adagiata, gran parte del resto della scultura, perdendo nel recupero un braccio.
Il reperto è stato acquisito dalla Regione Siciliana ed esposto in deposito temporaneo, a cura dell’assessorato regionale ai beni culturali, in una vasca d’acqua dolce deionizzata nell’ex chiesa di San Egidio a Mazara del Vallo. Nel settembre 1998 l’Istituto Centrale per il Restauro di Roma prende in consegna i due frammenti della statua, per effettuarvi i necessari interventi di restauro. E oggi il Satiro è esposto a Mazara del Vallo, nell’omonimo museo.
Dietro il mercante d’arte Giovanni Franco Becchina di 78 anni, a cui oggi la Dia di Trapani ha sequestrato beni per un valore di svariati milioni di euro, ci sarebbe ancora l’ombra del boss mafioso latitante Matteo Messina Denaro. E’ quanto emerge dall’inchiesta che ha portato al maxi sequestro dei beni.
Il provvedimento di sequestro colpisce aziende, terreni, conti bancari, automezzi, e immobili, tra i quali l’antico castello Bellumvider di Castelvetrano, la cui edificazione si fa risalire a Federico II, nei secoli successivi eletto a residenza nobiliare del casato Tagliavia-Aragona-Pignatelli, principi di Castelvetrano. La Dia ribadisce che è difficile quantificare il valore dei beni in sequestro d’interesse storico- architettonico, che certamente ascende a svariati milioni di euro.