Di Maio vira verso il Pd, ‘forno’ possibile per formare un governo. Un netto cambio di rotta rispetto a pochi giorni fa, quando l’asse con il Carroccio sembrava il più probabile. Matteo Salvini, a detta del leader pentastellato, ha deciso di condannarsi all’irrilevanza per rispetto del loro alleato invece di andare al governo per rispetto degli italiani. Ecco quindi l’ultima occasione per evitare esecutivi istituzionali o il ritorno al voto. Parliamo, se non è chiaro, di un’intesa a sinistra, con coloro che da sempre sono dipinti come i ‘rivali’ del Movimento. Non ci sfugga che per Di Maio il Pd era il ‘partito di miserabili’, mentre ora diviene l’interlocutore privilegiato per un tavolo comune.
L’ex presidente della Camera, dopo l’incontro con Fico, ha detto di apprezzare ‘le parole del segretario del Partito democratico, Martina’, che si era appena detto disponibile a un dialogo con i 5 Stelle, a patto che fosse archiviata del tutto l’ipotesi di un accordo M5s-Lega: ‘Sono parole che vanno nella direzione di una apertura’. E se la distanza dai democratici, per le profonde differenze e i trascorsi, c’è ancora tutta, ‘sui temi noi ci siamo’.
Da notare il sostanziale cambio di atteggiamento nello stile, e nel frasario, del leader pentastellato. Una autentica metamorfosi kafkiana al rovescio, fatta da chi vedeva nel Pd ‘un partito di miserabili che vogliono soltanto la poltrona’, ‘…che sta con le banche, manda sul lastrico i risparmiatori’, ‘Renzi ha preso i soldi da mafia capitale’, ‘gli impresentabili sono nelle liste di un un centrosinistra che ha rinnegato la lezione di Berlinguer sulla questione morale’, ‘Escludo categoricamente qualsiasi alleanza. Il Pd è impresentabile per sua stessa natura’.
Ora gli ‘scarafaggi’ per miracolo riassumono forme umane divenendo ‘degni’ di confronto, probabili alleati, con il cambio di colonna musicale di fondo: ‘La guerra è finita, nessun veto su Renzi. Diamo un governo all’Italia’, ‘Io mi rivolgo a un Pd nella sua interezza che ha tutti gli strumenti interni, democratici, per arrivare a un tavolo e dire: firmiamo un contratto’, ‘Chiedo al Pd di venire al tavolo non subito a firmare il contratto ma a verificare se ci siano i presupposti per metterlo in piedi’, ‘Capisco i tempi interni del Pd, conosco le loro dinamiche e i loro organi decisionali, rispetto quei tempi, però è chiaro che dobbiamo vederci per sapere se ci sono i presupposti. Ci facciano sapere quando sono disponibili’.
Con il cambio di atteggiamento, con l’autentica metamorfosi di Di Maio mi viene in mente di imitare Carlo Verdone: ‘Dobbiamo fare questo governo? E ‘famolo strano…’.
Comunque non c’è da meravigliarsi perchè i ‘delfini’ sono bravi, fuori dall’acqua, nelle giravolte. L’unica osservazione d’obbligo nella fattispecie, che il Grill-delfino manca di eleganza…