Il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha affermato nell’ultima Direzione che il contratto a termine e l’apprendistato sono “intoccabili” ma che il decreto lavoro si può migliorare. Di fronte a questa evidente contraddizione, al fine di risolverla, non c’è che una strada, che è quella di proporre degli “aggiustamenti”, attraverso quattro modifiche: un contratto a termine senza causali per tre anni, è troppo lungo. Accorciare quindi il periodo della cosiddetta acausalità. Prevedere la possibilità di ben 8 proroghe in 36 mesi, è esagerato. Per quanto riguarda l’apprendistato non si può eliminare una quota di formazione pubblica: l’Europa ci accuserebbe di aiuto di Stato alle imprese e incorreremmo in una procedura di infrazione. Infine, va ripristinata una percentuale di apprendisti da stabilizzare a conclusione della durata del contratto. Giusta è l’opinione delle imprese che sostengono che quando assumono un giovane spendono risorse perché lo formano, fanno tutoraggio e gli insegnano un mestiere e, di conseguenza, vogliono tenerlo fidelizzato all’azienda. Dato che si tratta di una cosa vera, confermare a tempo indeterminato il 30% dei giovani apprendisti prima di procedere a nuove assunzioni, è perfettamente coerente con questa impostazione. Altrimenti viene il sospetto che si voglia trasformare l’apprendistato in un contratto di lavoro usa e getta a basso costo.