Cecile Kyenge ha sempre un’idea singolare su come rendere più confortevole la vita degli immigrati, più che quella degli italiani. Stavolta la grande battaglia ‘umanitaria’ dell’europarlamentare del Pd è sull’utilizzo delle connessioni Internet nei centri di accoglienza, e più in generale ovunque siano accolti o risieda.
Uno smartphone può fare la differenza tra la vita e la morte, ha sostenuto l’ex ministro dell’Integrazione, durante il Festival After Futuri Digitali- Modena smart life, facendosi così portavoce delle lamentele dei profughi ospitati nei centri di accoglienza italiani.
Il Wi-fi, per loro, secondo la Kyenge, è un diritto umanitario, come sosterrebbe la risoluzione votata il 30 giugno 2016 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, la quale riconoscerebbe Internet come forza trainante per uno sviluppo sostenibile, sociale, culturale, economico e politico della comunità internazionale.
L’esponente del Pd ha detto che nella mobilità e nelle migrazioni uno smartphone può fare la differenza tra la vita e la morte. Basta pensare alle mappe dettagliate dei luoghi, ai social network per restare in contatto con la famiglia nel Paese di origine, allo scambio di informazioni per non cadere nelle trappole dei trafficanti. Il wi-fi è un diritto umano, ha ribadito la Kyenge.
La Kyenge sembra essere ispirata da Bello Figo, giovane ghanese che in una canzone sbeffeggiava l’Italia e gli italiani, che fa così: ‘Wi-fi, wi-fi’.
Riproponeva le lamentele dei molti profughi accolti nei centri di accoglienza nel Belpaese, spesso pronti a ribellarsi per l’assenza del wi-fi. Qualcuno le considerava richieste assurde, non giusitificate da parte di persone accolte e coccolate a spese dei contribuenti. Per gli italiani si tratta di pretese assurde e stranezze del fenomeno migratorio.