Migranti: Ispi, difficile un loro aumento nel 2018

Il 2018, per quanto e’ possibile prevedere, non vedra’ un aumento degli sbarchi in Italia e quindi neppure delle richieste d’asilo. Lo scrive l’Ispi nel su ultimo studio dedicato alla materia. In realta’, sebbene sbarchi e richieste di asilo abbiano occupato la scena mediatica negli ultimi anni, i numeri effettivi non sono mai stati drammatici. A fine 2016 erano 250.000 tra richiedenti asilo e rifugiati riconosciuti (dati Unhcr, 2017). L’Italia accoglieva 4 rifugiati per ogni 1.000 abitanti, il Libano 169, la Giordania 80, la Turchia 40, la Svezia 30. Fino a due anni fa inoltre solo una frazione degli sbarcati chiedeva asilo in Italia. Nel 2014, su 170.000 arrivate dal mare nel nostro paese meno di 70.000 avevano richiesto protezione internazionale alle autorita’ italiane. Poi l’Ue ci ha imposto gli hotspots, i nostri vicini hanno inasprito i controlli alle frontiere, e le domande di asilo sono cresciute, raggiungendo nel 2016 la cifra di 123.482. La quota rispetto agli sbarchi e’ passata dal 37% del 2014 al 56% del 2015 al 68% nel 2016. Dunque l’aumento, comunque relativo, delle richieste di asilo e’ piu’ l’effetto di scelte politiche a noi avverse che della crescita del fenomeno, reale ma assai piu’ contenuta.

Nella fase attuale gli accordi con il Niger e soprattutto con governo e tribu’ libiche, insieme alla campagna di discredito nei confronti delle Ong impegnate nei salvataggi in mare, hanno drasticamente ridotto gli arrivi. Una buona notizia per la politica interna, una pessima notizia per chi cerca asilo e per chi considera una priorita’ la tutela dei diritti umani. Bloccata una rotta, chi fugge da situazioni critiche ne cerca un’altra. Va in questo senso la ripresa, sia pure modesta, della rotta verso la Spagna. L’effetto principale delle politiche di contrasto dei transiti terrestri e marittimi e’ quello di rendere i viaggi piu’ costosi e pericolosi. Quella che viene presentata alle opinioni pubbliche come lotta ai trafficanti, e’ in realta’ una politica di chiusura verso i richiedenti asilo. E’ improbabile pero’ che basti un anno per trovare rotte alternative, allestire le basi logistiche necessarie, acquisire la compiacenza delle autorita’ in grado di favorire od ostacolare il passaggio, far circolare le informazioni e far ripartire l’industria delle migrazioni a pieno regime.

Il principale rischio per la strategia della chiusura italo-europea e’ che finiscano i soldi investiti per riconvertire gli ex-spietati trafficanti, condannati in ogni sede come mostri dell’umanita’, in partner necessari e persino rispettabili, dopo il loro arruolamento per la sorveglianza esterna delle frontiere, con scarso riguardo per i metodi utilizzati. L’ampio consenso di cui godono le nuove politiche di chiusura, anche tra gli elettori e gli opinionisti di centro-sinistra, e’ un eloquente e triste indicatore della considerazione in cui sono tenuti i diritti umani. Gli esiti probabili delle prossime elezioni politiche produrranno nuovi inasprimenti, anziche’ una contro-svolta umanitaria. Se anche il quadro dovesse evolvere nel corso dell’anno, i migranti trovassero nuove rotte, le istituzioni internazionali riuscissero a scardinare gli accordi con i libici, i soldi per finissero, e’ comunque improbabile che nel 2018 gli sbarchi si riportino ai livelli del 2016 e della prima parte del 2017.(

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