‘Medici senza Frontiere’ non firma il codice di condotta delle ong preparato dal Viminale. Lo ha annunciato Gabriele Eminente, direttore generale dell’organizzazione, al termine dell’incontro al ministero: ‘Riconosciamo l’approccio costruttivo da parte del ministro, i passi in avanti rispetto alla volta scorsa ma abbiamo comunicato che non firmeremo questo codice di condotta, saranno comunque rispettati quei punti già condivisi dalla nostra organizzazione’.
A quanto si apprende, ha invece firmato ‘Save the children’, mentre invece non lo ha fatto l’altra ong presente oggi al ministero, la tedesca Jugend Rettet. Le altre organizzazioni non erano invece presenti.
Il Codice di condotta per le ong impegnate nelle operazioni di salvataggio in mare era in calendario nel pomeriggio per l’approvazione, da parte delle organizzazioni non governative. La tutela della vita umana e dei diritti delle persone è l’obiettivo principale delle autorità italiane nel soccorso in mare dei migranti, nel pieno rispetto delle convenzioni internazionali e, tuttavia, il salvataggio non può essere disgiunto da un percorso di accoglienza sostenibile e condiviso con gli altri Stati membri, conformemente al principio di solidarietà di cui dall’art. 80 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Tfue).
Le autorità italiane e le firmatarie ong che svolgono attività si ricerca e soccoso (Search and rescue o Sar), condividono, pertanto, l’esigenza di prevedere una specifica regolamentazione dei complessi interventi di soccorso nel Mar Mediterraneo, in osservanza del presente Codice di condotta, anche a salvaguardia della sicurezza dei migranti e degli operatori.
Il codice prevede, tra l’altro, il divieto assoluto di ingresso delle Ong nelle acque libiche; obbligo di non spegnere i trasponder di bordo; obbligo di non effettuare comunicazioni telefoniche o segnalazioni luminose per agevolare la partenza e l’imbarco di natanti di migranti: con l’evidente intento di non facilitare il contatto con i trafficanti; obbligo di non effettuare trasbordi su altre navi, italiane o appartenenti a dispositivi internazionali, salvo una conclamata situazione di emergenza: le imbarcazioni delle ong, dopo aver effettuato l’eventuale soccorso, dovranno completare l’operazione conducendo gli stessi nel porto sicuro; obbligo di non ostacolare le operazioni di search & rescue della Guardia Costiera libica con l’evidente intento di lasciare il controllo di quelle acque alla responsabilità delle autorità territorialmente preposte; obbligo di accogliere a bordo ufficiali di polizia giudiziaria per le indagini collegate al traffico degli esseri umani: consentendo l’accesso a bordo dei propri assetti navali, del personale di polizia che svolgerà le preliminari attività conoscitive e di indagine, anche a seguito di specifiche indicazioni da parte dell’Autorità Giudiziaria; obbligo di dichiarare, coerentemente ai principi di trasparenza, le fonti di finanziamento dell’attività di soccorso in mare; obbligo di comunicazione dell’avvistamento e del successivo intervento in corso ai centri di coordinamento (Maritime Resche Coordination Centres o Mrcc) del proprio Stato di bandiera affinchè lo stesso sia informato dell’attività in cui è impegnata l’imbarcazione e possa assumersene la responsabilità anche ai fini della maritime security.
Per chi non sottoscrive il codice sono previste possibili ‘misure’ da parte delle autorità italiane. Anche la spagnola ‘Proactiva Open Arms’ ha già annunciato che non firmerà. Intanto, il premier libico Fayez al Serraj conferma di aver chiesto all’Italia sostegno logistico e programmi di formazione della guardia costiera e di frontiera, oltre ad attrezzature ed armi moderne per le forze armate per salvare la vita ai migranti e per affrontare i trafficanti di esseri umani (nelle ultime ore 3 interventi di soccorso hanno fatto recuperare 285 migranti).
Due riunioni nei giorni scorsi al ministero non sono bastate a superare i dubbi e, su alcuni punti, l’aperta opposizione di alcune delle ong attive nel Mediterraneo. Sono soprattutto l’impegno ad accogliere a bordo la polizia giudiziaria e ad evitare il trasbordo di migranti su altre navi gli elementi più controversi.
Venerdì scorso, al termine della seconda riunione, i tecnici del Viminale hanno predisposto la versione definitiva del Codice, accogliendo alcune richieste e chiarimenti invocati dalle organizzazioni. In particolare, nell’impegno a non trasferire i migranti soccorsi su altre navi, è stata inserita la frase: ‘Eccetto in caso di richiesta del competente Centro di coordinamento per il soccorso marittimo e sotto il suo coordinamento, basato anche sull’informazione fornita dal capitano della nave’.
L’altro punto contrastato, quello della polizia a bordo, è stato riformulato sottolineando che la presenza degli uomini in divisa avverrà possibilmente e per il periodo strettamente necessario. Non è stata accolta la richiesta che i poliziotti a bordo siano disarmati.
‘Proactiva Open Arms’ fa sapere che oggi non firmerà il Codice e dubbi li sollevano anche altre ong. La tedesca Sea Watch annuncia che metterà presto in mare un’altra nave che si aggiungerà a quella già attiva e spiega che il documento del Viminale e’ ‘largamente illegale’ e non salverà vite umane ma avrà l’effetto opposto. Quello di cui c’è bisogno alla luce degli oltre duemila morti di quest’anno non servono più regole, ma più capacità di soccorso.
Il ministro dell’Interno, Marco Minniti, è comunque intenzionato a far entrare subito in vigore il Codice e chi non firmerà dovrà accettare le conseguenze. Più del 40% dei migranti salvati, ha ricordato, arrivano in Italia su navi delle ong. L’obiettivo è far intervenire nelle acque territoriali la Guardia costiera libica, supportata dagli assetti della missione navale che l’Italia si appresta a varare, per riportare le persone sulle coste del Paese nordafricano.