L’accordo sui migranti raggiunto tra i 28 nella lunga notte di Bruxelles con il sorgere del sole rivela tutte le sue crepe. L’intesa c’è stata ma si tratta solo di un accordo di facciata perché i nodi, quelli seri, sembrano proprio non essere stati sciolti. Ogni leader si dichiara ‘vincitore’ per presentarsi al cospetto del proprio elettorato con il vento in poppa ma subito è costretto a puntualizzare perché ‘ripreso’ da un qualsiasi leader degli altri paesi che hanno partecipato al vertice. L’accordo si regge per ora solo sulle buone intenzioni. E lo dimostra la ‘lite’ a distanza tra Giuseppe Conte ed il presidente francese Emmanuel Macron. Oggetto del contendere il significato e la realizzazione dei centri volontari per i migranti. Tutto ruota sul significato che ogni leader da alle parole pronunciate o scritte nell’accordo. E’ volontarietà il termine o concetto, a seconda delle interpretazioni, che rende tutto il dossier sottoscritto a Bruxelles del tutto aleatorio. Oggetto del contendere sono i centri di accoglienza da condividere in Europa tra gli stati volenterosi. E ‘Paese di primo ingresso’. Tutti sarebbero disposti a realizzarli ma poi tutti troveranno una scusa di politica interna che non li farà realizzare. Belgio, Olanda, Austria dicono subito di no. Lo spagnolo Pedro Sanchez spiega di averne già. E anche Conte, vista l’indisponibilità degli altri, ne sta alla larga. Ma il più duro è il presidente della Francia, Macron.
“I centri sorvegliati di accoglienza in Ue su base volontaria vanno fatti nei Paesi di primo ingresso, quindi sta a loro dire se sono candidati ad aprire questi centri. La Francia non è un Paese di primo arrivo”. Quindi per il numero uno dell’Eliseo questo è un problema che investe solo Italia, Spagna e Grecia. Quindi nulla è cambiato rispetto all’accordo sottoscritto dai 28. Una posizione che non piace al presidente del consiglio italiano che in conferenza stampa replica a muso duro al collega francese. “Abbiamo finito alle 5 di mattina. Macron era stanco, lo smentisco”. Dichiarazioni che fanno ben capire che si è deciso sul tutto senza decidere niente. E nonostante Conte ribadisca che nell’accordo “non si fa riferimento a un Paese di primo transito o di secondo transito” arriva l’ennesima puntualizzazione da Parigi. “Il concetto di Paese di primo arrivo non si può cancellare. La Francia non è un paese di primo arrivo e non aprirà dei centri di controllo dei migranti”. Per Macron è inutile continuare a parlare di questo aspetto. Per l’Italia la giornata grigia continua con Berlino.
La cancelliera Angela Merkel chiude, come voleva, intese bilaterali con molti Paesi, dalla Spagna alla Grecia, dall’Austria alla Francia, ma non con l’Italia. E chiude, per ora, la porta a Roma. A Conte dice che la Germania continuerà a prendere rifugiati sbarcati in Italia “come abbiamo fatto in passato” solo se ci sarà un accordo con Roma sui movimenti secondari.
A dimostrazione che l’accordo raggiunto rappresenta solo un opinabile esercizio linguistico, forse colpa dei traduttori, ci pensano anche i quattro Paesi dei Visegrad che esultano per essere riusciti ad evitare le quote obbligatorie per la ridistribuzione dei migranti.