Resta a Trapani l’indagine della procura su presunti contatti tra scafisti libici e l’equipaggio della nave Iuventa di una Ong tedesca, sequestrata ieri a Lampedusa dalle autorità. Gli investigatori hanno preso alcuni computer che si trovavano a bordo e verranno esaminati dagli inquirenti anche tutti gli strumenti di bordo che raccontano i movimenti dell’unità impegnata nel soccorso dei migranti. Intanto l’Ue si schiera con le autorità italiane: ‘Sappiamo dell’incidente ma non abbiamo dettagli se sia il risultato del Codice di condotta per le ong o altro. Abbiamo fiducia nelle autorità italiane che stanno gestendo’, dice il portavoce della Commissione europea Mina Andreeva sul sequestro della nave.
La Procura di Trapani, che da mesi indaga sui salvataggi effettuati nelle acque del Canale di Sicilia da navi delle ong, ha chiesto e ottenuto dal gip il sequestro della Iuventa, una delle imbarcazioni della organizzazione tedesca. Il reato ipotizzato, ancora a carico di ignoti, è il favoreggiamento dell’ immigrazione clandestina. Nell’inchiesta, condotta dallo Sco, è stato usato anche un agente sotto copertura. In particolare, uno avrebbe lavorato sulla nave Vos Hestia che opera per conto di Save the Children. La Iuventa, un peschereccio battente bandiera olandese di 33 metri, è stato fermato in mare e condotto a Lampedusa. Per scortarlo in porto sono intervenute diverse motovedette della Guardia costiera, con un grande spiegamento di forze dell’ordine anche sulla banchina. Il comandante della Capitaneria di porto di Lampedusa, il tenente di vascello Paolo Monaco, è salito a bordo della nave dove è rimasto per oltre due ore. Si tratta di un normale controllo, che abbiamo fatto e che non comporterà alcun problema, aveva spiegato l’ufficiale: ‘Ma le cose non sono andate così. E dopo qualche ora si è saputo che il peschereccio era sotto sequestro su ordine della magistratura, ricorsa al provvedimento per scongiurare la reiterazione del reato’. A spiegare il contenuto dell’indagine, avviata a marzo di quest’anno dalle dichiarazioni di due operatori della Vos Hestia, imbarcazione di un’altra organizzazione non governativa, Save The Children, è stato il procuratore facente funzioni Ambrogio Cartosio.
Gli inquirenti, su input di due ex operatori di Save The children, poi assunti dall’agenzia Imi security Service, avrebbero accertato almeno tre casi in cui alcuni componenti dell’equipaggio della nave, non ancora identificati, avrebbero avuto contatti con trafficanti di migranti libici e sarebbero intervenuti in operazioni di soccorso senza che i profughi fossero in reale situazione di pericolo. I migranti sarebbero stati trasbordati sulla nave della ong scortati dai libici. Per i pm il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, escluso solo quando il soccorso avviene in situazioni di imminente rischio, sarebbe smaccato. ‘La più temeraria era sicuramente la Iuventa che, da quello che ho potuto vedere sul radar, avendo io accesso al ponte, arrivava anche a 13 miglia dalle coste libiche, circostanza anche pericolosa.
La Iuventa, che è un’imbarcazione piccola e vetusta, fungeva da ‘piattaforma’ ed era sempre necessario l’intervento di una nave più grande sulla quale trasbordare i migranti soccorsi dal piccolo natante’, racconta ai pm uno dei testimoni che rivela anche che i gommoni usati dai trafficanti venivano restituiti agli scafisti. Ci sono gravi indizi di colpevolezza, ha detto Cartosio, e poi ricorre il caso in cui la legislazione speciale prevede la confisca del mezzo che interviene in caso di condanna dei proprietari e questo ci impone di ricorrere al sequestro preventivo accettato dal gip”. Mentre il gip parla di vero e proprio ‘rendez vous tra trafficanti e Iuventa’. Gli episodi contestati risalgono al 18 e 26 giugno e al 10 settembre. Ma ve ne sono anche altri, ha spiegato il magistrato, che contribuiscono a sostenere che questa condotta sia abituale. La responsabilità degli illeciti sarebbe individuale. Non ci sarebbero cioè legami tra i trafficanti e la Ong: infatti non è stata contestata l’associazione a delinquere.
Al contempo il gen Kalifa Haftar, l’uomo forte del governo di Tobruk, ha dato ordine alle sue forze di bombardare le navi italiane impegnate nella imminente missione di supporto navale alla Libia. Lo si legge su un tweet dell’emittente Al Arabiya.
L’ordine di Haftar arriva poche ore dopo che il parlamento di Tobruk, che fa capo alla sua fazione, aveva espresso la sua opposizione all’operazione navale italiana. contestando al premier di Tripoli, Fayez Sarraj, riconosciuto dalla comunità internazionale, di aver concluso l’accordo con l’Italia per operazioni congiunte di contrasto ai trafficanti di esseri umani, in quanto la presenza di navi straniere rappresenterebbe una ‘violazione della sovranità nazionale’ libica.
.Fonti governative italiane hanno giudicato ‘inattendibile’ e ‘infondata’ la notizia, ma è lo stesso Haftar che oggi in un colloquio con il ‘Corriere della sera’ ha minacciato di bombardare le navi italiane o di altri Paesi se entreranno nelle acque libiche senza autorizzazione.
Nel 2011, dopo la caduta di Gheddafi, la Libia precipita nel caos, diventando preda di numerose milizie. I diversi governi che si succedono tentano di imporsi, cercando di disarmarle o di integrarle nell’esercito nazionale, ma falliscono. Nel 2014 la situazione precipita dopo il colpo di stato del generale Khalifa Haftar, ex sostenitore di Gheddafi, passato poi all’opposizione, che occupa il palazzo del Parlamento a Tripoli. Il generale aveva lanciato due giorni prima un attacco contro alcune milizie islamiche nella Cirenaica, ma non autorizzato dal governo centrale. Qualche mese più tardi, una delle milizie occupa Bengasi proclamando l’emirato islamico.
Nel dicembre 2015, a Skhirat, in Marocco, i rappresentanti del Congresso di Tripoli e della Camera di Tobruk firmano un accordo per formare un governo di accordo nazionale, sotto l’egida dell’Onu. Fayez al-Sarraj viene nominato primo ministro del nuovo governo di unità nazionale a Tripoli, mentre Haftar controlla la Libia dell’Est, la Cirenaica, ed si allea con la Russia.
La settimana scorsa il presidente francese Emmanuel Macron invita a Parigi al-Sarraj e e Haftar per tentare una mediazione tra Tripoli e Bengasi. Un vertice che va in scena nel castello di La Celle Saint Cloud, vicino Parigi, nel corso del quale i due leader si impegnano a rinunciare alla lotta armata, salvo quella contro i gruppi terroristici, e ad avviare un processo di cessate il fuoco, con l’accordo poi di andare verso un processo elettorale in Libia la prossima primavera nel contesto dell’accordo Onu di Skhirat.
Tuttavia, all’indomani del faccia a faccia tra il generale che guida l’esercito nazionale e al-Sarraj, quest’ultimo fa appello al premier Paolo Gentiloni, indirizzandogli una lettera nella quale chiede al governo italiano un sostegno con unità navali per contrastare gli scafisti. La missione, che mira a dare supporto logistico e tecnico alla Guardia costiera libica, si svolgerà in acque libiche con navi italiane.
La richiesta di Sarraj viene accolta dal governo e ieri il Parlamento approva con la risoluzione di maggioranza la missione navale di supporto della Guardia costiera libica, decisa la scorsa settimana dal Consiglio dei ministri. Nella stessa giornata, la nave Comandante Borsini, già impiegata nell’ambito del dispositivo dell’operazione ‘Mare Sicuro’, entra nelle acque territoriali libiche, dopo aver ricevuto le necessarie autorizzazioni, facendo rotta verso il porto di Tripoli.
Nonostante l’Italia abbia chiarito più volte che si tratta di una missione di supporto logistico e tecnico, Haftar non ha gradito quello che ha giudicato un’interferenza, arrivando a minacciare bombardamenti alle navi italiane. Anche il figlio di Gheddafi, si è schierato con il generale: ‘Gli italiani stanno ripetendo lo scenario della Nato, provocando i sentimenti dei libici, il loro amore per la patria, con l’invio di navi da guerra che violano la sovranità della Libia a causa della condotta irresponsabile di alcuni funzionari libici’. La politica italiana sulla Libia, ha rimarcato l’erede politico di Gheddafi, è una politica nostalgica della visione coloniale e fascista che considerava le coste di Tripoli come una colonia di Roma.